Inattualità della psicoanalisi

Inattualità della psicoanalisi

Il libro di Franco Lolli prende in esame i motivi per i quali sta avvenendo – anzi è già avvenuto – un cambiamento nella pratica psicoanalitica.

Innanzitutto egli rileva quanto sia modificato nel tempo il bacino dei “richiedenti” un trattamento psicoanalitico. Fino ad alcune decine di anni fa, la psicoanalisi era riservata al mondo della borghesia medio alta: il paziente tipo era caratterizzato da una cultura piuttosto ampia, frutto di studi personali quanto di una formazione di fondo che lo stesso ambiente sociale riusciva a offrire; e da una disponibilità di tempo e denaro che consentivano una frequentazione piuttosto assidua degli studi professionali.

I sintomi esibiti dai componenti di questa classe sociale, risultavano differenziati e coerenti con il livello economico e culturale – ma principalmente culturale, secondo la disamina di Lolli – nella maniera in cui li espresse Sigmund Freud, attraverso i famosi “casi clinici”, che resta tuttora esemplare: le varie forme di nevrosi; le problematiche psicotiche; le depressioni; classificate nelle relative sottodivisioni ben note; oltre ad una “psicopatologia della vita quotidiana”.

Da quando la psicoanalisi si è calata verso una platea più vasta per merito – oppure a causa – dei cosiddetti psicoanalisti selvaggi, sono iniziate anche le richieste di cura da parte di un pubblico non solo meno abbiente ma, soprattutto, meno colto.

Le richieste di trattamenti psicoanalitici si sono via via attestate su sintomi sempre meno specifici – anche per le difficoltà dei nuovi pazienti di verbalizzarne il contenuto –; gli stessi sintomi si sarebbero raggruppati sostanzialmente in due macro categorie: i comportamenti borderline e la malattia bipolare. Se questo fatto sia rigorosamente vero rimane però da dimostrare.

La psicoanalisi così declinata è andata perdendo alcune delle caratteristiche che le erano peculiari, nell’originale teorizzazione freudiana corredata dalle famose raccomandazioni.

I motivi del cambiamento – nei componenti del popolo psicoanalizzato e nella tecnica psicoanalitica che ad esso si è adeguata – sarebbero attribuibili, dai teorici più in voga, alla perdita di autorità della figura paterna, ritenuta normativa secondo la teoria classica freudiana e la successiva lacaniana. Su questo concetto l’autore dibatte, esprimendo il suo disaccordo e specificando come il valore simbolico della “normazione” non possa scomparire a dispetto dell’eclissi paterna.

Secondo alcuni pensatori, che vanno per la maggiore nei media televisivi e informatici, i componenti della società borghese medio alta – ma anche di tutti gli altri ambiti – a causa della perdita normativa hanno rotto gli ormeggi e si sono scatenati nell’inseguire il cosiddetto “godimento” – secondo la definizione lacaniana – o il “soddisfacimento immediato del desiderio” secondo una tradizione freudiana più datata. Essi ricorrono alla psicoanalisi come a qualsiasi altro mezzo ritenuto utile: yoga, buddhismo, mental coaching e così via, quando il godimento scivola via senza mantenere il bene promesso. La psicoanalisi si è trovata così declassata al livello di altre tecniche caratterizzate da un passato meno nobile o di altre forme di crescita spirituale meno tradizionali in occidente; o di terapie pseudo psicologiche.

I teorici che motivano il cambiamento sintomatologico con la perdita di potere della figura paterna sono additati come coloro che aderiscono in maniera acritica alle richieste del mercato: essi stessi rendono, secondo l’autore, la psicoanalisi un prodotto del mercato, senza difenderla dagli attacchi che le vengono praticati proprio in virtù della richiesta di godimento. Secondo questa posizione, mancando la figura censoria rappresentata dal padre, non verrebbe posto un argine al desiderio, cosicché la ricerca del godimento non troverebbe il tempo né il pensiero capaci di attribuire al desiderio stesso significato e coerenza, essendo generalmente ancorato alle frustrazioni originate nel passato.

La spiegazione appare senza dubbio discutibile, visto che la figura paterna non è mai realmente esistita se non anagraficamente; e sin dall’antichità il significato del paterno viene acquisito solo dopo la scomparsa della persona fisica.

Anche le spiegazioni che Franco Lolli adduce alla decadenza della psicoanalisi lasciano qualche dubbio, sebbene risultino interessanti per la loro natura “politica”: si legano all’economia globalizzata che promette un godimento rapido e facilmente accessibile, a dispetto di un malessere sempre più generalizzato in quanto non limitato da regole di qualsiasi altra natura. Il discorso politico di Franco Lolli è del tipo moralistico/rivoluzionario e non tiene conto del fatto che ogni scienza è espressione della società nella quale nasce e si adegua nel tempo.

Il libro si compone di un primo capitolo che, superato l’attacco ai pensatori che vanno per la maggiore in quanto sostengono la scomparsa del padre – nel set psicoanalitico, negli studi televisivi ed anche nei bar -, tratta degli assunti fondamentali della psicoanalisi formulati da Sigmund Freud e modulati successivamente da Lacan; di un secondo capitolo in cui vengono esaminate e descritte tutte le forme che può o deve assumere, durante il trattamento, uno psicoterapeuta che “non esiste” nella realtà; di un terzo capitolo che pone le basi per una riformulazione parziale del lavoro psicoanalitico, introducendo una spece di pre-analisi definita “psicoanalisi applicata” che dovrebbe accogliere ed educare il richiedente fino a trasformarlo in un paziente adatto alla psicoanalisi. Non si accorge così, l’autore, di avere introdotto un surrogato della figura paterna della quale non aveva postulato la mancanza né la necessità.

Lo scritto risulta notevole nello studio dettagliato di quanto attenga alla psicoanalisi del momento attuale.

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