I Narcisi non sono fiori

I Narcisi non sono fiori

I Narcisi non sono fiori di Marinella Saiu è un romanzo che scorre bene, dalla buona scrittura.

Se i narcisi non sono fiori allora cosa sarebbero? Narciso, nel mito antico era un giovane bellissimo, che sdegnava qualsiasi corteggiamento o dimostrazione d’affetto, innamorato solo di sé.

Il romanzo, concepito come un giallo, propone la vicenda di una ragazza cui non manca nulla, Lavini abellissima e ricca, che si comporta come Narciso. La storia non viene presentata come una narrazione patologica ma piuttosto come una fuga; propone al lettore alcuni interrogativi per i quali cercare una spiegazione.

Lavinia è uscita di casa: al mattino ha aspettato che genitori, imprenditori ricchi, andassero in città come sempre poi ha preso tutti i propri soldi; ha scassinato la cassaforte di famiglia rubando tutti i gioielli della madre e i denari del padre; ha lasciato il biglietto con il non cercatemi di pragmatica;  salita in macchina è corsa da Verona verso Roma, a tutta velocità.

In città scompare chiedendo ospitalità alla casa delle donne, luogo affascinante – vicino a lungotevere – in cui affascina la prima vittima: Chiara, lesbica per convinzione.

Stanca della monotona vita che sitiene – realmente – nella casa delle donne, Lavinia trova un appartamentino adatto a lei e affascina altri. La sua seconda vittima è Marco, un pittore molto alla moda, che le offre il lavoro di posare come modella. Le modelle posano nude, per chi non sappia.

Lavinia fa l’amore con entrambi e si stanca presto del rigore iconoclasta lesbico di Chiara; poi allontana l’amore eterosessuale, troppo bisognoso di certezze di Marco. La protagonista non vuole offrire certezze, ma non ne vuole nemmeno avere: non più.

Questa potrebbe essere la sintesi del racconto, esclusa la spiegazione ovvero il coup de théatre conclusivo, che giustifica l’intera vicenda.

Affondiamo qualche domanda nel profondo del romanzo: che cosa vuole comunicare? Lavinia è una tipa che si adira e diviene gelida quando le dichiarano l’amore: chi vuole bene è primo nel tradire, sembra il senso del suo cinismo… d’altronde non ci sarebbe tradimento in caso contrario.

I primi nemici sono i genitori? dai quali la bellissima ragazza fugge; è vero e forse lo è quasi sempre. È verità conclamata l’evidenza che più ci si dimostra scostanti e più si affascina? Mica tanto… questa regola vale per lo più nel caso dei belli e ricchi; non vale affatto per i brutti e poveri: in quel caso si ottengono prevalentemente rifiuti, i calci nel sedere dello scarso potere relazionale.

Lavinia, bella ricca e scostante, prende a calci nel sedere i meno belli, meno ricchi e ottusamente costanti. Sembra avercela soprattutto con le lesbiche, essendo un po’ lesbica pure lei. Probabilmente i suoi motivi di irritazione dipendono anche dal non avere nulla da fare: quando non si ha nulla da fare è come essere morti, ho letto da qualche parte. I troppi soldi la costringono ad inventarselo il lavoro, quando ne ha voglia. E nel resto del tempo? il romanzo non dice cosa fa nel resto della vita quotidiana una persona che si dimostra scostante un paio di sere a settimana.

Nella logica di Lavinia tutti gli esseri umani sono narcisi, concentrati su di sé e sul proprio star bene: nel novero, molto correttamente, include se stessa più di tutti gli altri, secondo il mito antico di Narciso.

Il racconto si sostiene sul filo sottile e ben teso dell’ipotetica domanda sulla causa prima del comportamento di Lavinia: la risposta apparentemente si scopre alla fine, con l’avvio di un nuovo, ipotetico, capitolo della sua vita. Ma il motivo profondo è palese sin da subito: Lavinia è una persona pervicacemente narcisista – educata al narcisismo famigliare da cui fugge –; un motivo forte la consacra al proprio comportamento. Lavinia sembra anaffettiva perché teme l’infedeltà, poiché solo essendo amati si è traditi; ma allora tutti gli altri che le ruotano intorno sono giustificati nella loro incostanza: non si sopporta più di tanto una persona anaffettiva…

Il libro si legge facilmente; come si dice, scorre. Alla domanda se possa avere senso una storia del genere la risposta è sì e rientra nella psicopatologia della vita sociale e dell’educazione.

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