Categoria: News

Interno Bernhard

Interno Bernhard

IL RIFORMATORE DEL MONDO / MINETTI (Ritratto di un artista da vecchio)

di Thomas Bernhard
con Glauco Mauri, Roberto Sturno
e con Federico Brugnone, Stefania Micheli, Zoe Zolferino, Giuliano Bruzzese
regia Andrea Baracco

Scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
musiche Giacomo Vezzani, Vanja Sturno
aiuto regia Maria Teresa Berardelli
foto di Manuela Giusto

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I miei stupidi intenti

I miei stupidi intenti

Il libro del venticinquenne Bernardo Zannoni ha vinto il premio Bagutta opera prima e anche il 60° premio Campiello! Ho sempre dichiarato la mia ammirazione per i vincitori del premio Strega, mescolando all’invidia per il successo l’apprezzamento per la qualità della scrittura; non sempre – o quasi mai – sono rimasto affascinato dai contenuti: già solo questa affermazione mi svela in cattiva coscienza, visto che lascio pendere il piatto della bilancia da una parte o dall’altra separando, erroneamente, la forma dal contenuto.

Vabbè chi vince un premio ha sempre ragione e chi non vince niente ha sempre torto; ma devo essere sincero: questo premio Bagutta opera prima e questo premio Campiello mi inducono a superare la farraginosa e invidiosa dicotomia: il libro è bello, lo stile si confà alla qualità del contenuto.

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Tiro al piccione

Tiro al piccione

“Prima di venire inserito nelle antologie, uno scrittore deve essere mortissimo” così diceva la grande Maria Luisa Spaziani, amica per un tempo breve. Mortissimo significa scomparso da un sufficiente numero di anni, in modo che il ricordo non possa nuocere a quanti siano rimasti, per le polemiche di parenti e affini o per il rinvenimento improvviso di scritti segreti. “Poi – aggiungeva – bisogna che qualcuno se ne innamori, cioè comprenda la sua opera, l’apprezzi, la decodifichi, nei termini culturali, sociali e umani”.

È quanto sta accadendo all’opera di Giose Rimanelli? Personalmente ne conosco un unico frammento – seppure il più noto –, cioè il famoso Tiro al piccione, uno dei più tragici, violenti, sofferti romanzi del Novecento. Torna in libreria, finalmente, dopo le distorsioni politiche e gli ostracismi culturali, con la dimensione di opera importante per la letteratura italiana del dopoguerra. Personalmente ho le idee confuse, non sulla qualità dell’opera, ma sulla letteratura del primo dopoguerra, perché resto sbigottito a riguardo della parola guerra: la questione, per me, non dipende dal lato della barricata, perché resto ugualmente sbigottito nei confronti del libro antiparallelo Il partigiano Jonny di Beppe Fenoglio.

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L’eterna gioventù

L’eterna gioventù

Ho ascoltato Maurizio Maggiani presentare il suo ultimo libro domenica 17 ottobre al SalTo, in compagnia di un giornalista.  Il giornalista era di compagnia a lui, non a me, ovvio. L’inizio era noioso e anche poco stimolato dalla presenza assente dell’altro; magari si stavano antipatici oppure il giornalista era, pigramente, troppo estasiato dallo scrittore da risultare incapace di dire alcunché. A me successe qualcosa di simile durante la tesi di laurea in psicologia: il mio relatore non disse niente, non perché fosse così estasiato dal mio lavoro.

In questo caso non si trattava di una tesi di laurea ma, semplicemente, della tesi che riguarda l’eterna gioventù. Cosa sia l’eterna gioventù e come si ottenga, da quella presentazione non si capiva proprio, per lo meno all’inizio. L’autore sembrava dare per scontato che uno – e cioè l’ascoltatore – sapesse già di cosa egli avrebbe parlato e, più precisamente, conoscesse il contenuto del libro e le intenzioni declamatorie di quella domenica mattina, ore dodici. Però Maurizio Maggiani abbastanza presto, per non dire subito, si è sollevato dalla poltroncina bassa, lasciando seduto e indietro il giornalista poco entusiasmante: sollevato il corpo, anche lo spirito è rimasto più in alto e, mano a mano, il discorso è decollato e anche l’interesse.

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Le sette opere di misericordia corporale

Le sette opere di misericordia corporale

Ho avuto una doppia vita, di insegnante di elettronica e psicoterapeuta: la prima, grazie ad una laurea in fisica delle particelle elementari; la seconda, per una laurea in psicologia seguita da una scuola di psicoterapia. Come insegnante ho potuto usufruire degli strumenti offerti dall’altro ruolo, che talvolta hanno prodotto un eccesso di aspettative. Ho avuto il privilegio di partecipare alla fondazione dell’IPRS nel 1987.

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