Interno Bernhard

Interno Bernhard

IL RIFORMATORE DEL MONDO / MINETTI (Ritratto di un artista da vecchio)

di Thomas Bernhard
con Glauco Mauri, Roberto Sturno
e con Federico Brugnone, Stefania Micheli, Zoe Zolferino, Giuliano Bruzzese
regia Andrea Baracco

Scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
musiche Giacomo Vezzani, Vanja Sturno
aiuto regia Maria Teresa Berardelli
foto di Manuela Giusto

Ho conosciuto Bernard, come scrittore, dalla lettura di Un Bambino: il libro, bello, mi colpì più per l’interesse legato alla professione di psicoterapeuta che per l’elemento letterario. Si tratta di un racconto autobiografico, il resoconto di un’estate nella vita di un bambino difficile, pieno di fantasia e speranze trattenute. Nei due lavori teatrali, presentati da Glauco Mauri e Roberto Sturno, si sente l’eco delle fantasie e delle speranze di quel bambino, cresciuto nella pelle di un saggista: intellettuale vecchio, antipatico, di un realismo sconcertante e sadomasochista che vive in solitudine accudito da una donna, moglie oppure una domestica affaticata e paziente. È lui Il Riformatore del mondo e sta per ricevere – a casa sua perché non esce più – una Laurea Honoris Causa per il famoso trattato su come salvare il mondo. La tensione drammatica si consuma nella preparazione dell’incontro con le autorità, nella contraddizione tra desiderio e rifiuto, nella rabbia contro gli esseri umani espressa verso l’unica figura che lo ascolta, e lo accudisce nonostante i maltrattamenti e i capricci. A lui – vecchio intellettuale non laureato, che non ha mai frequentato l’università dopo l’iscrizione – risulta evidente che il riconoscimento costituisce la più ovvia conferma delle teorie: nessuno ha letto il suo saggio e gli uomini non vogliono salvare il modo, anche perché vi si sostiene che l’unica maniera nell’eliminazione degli esseri umani. Il breve monologo conclusivo è un pezzo di bravura drammatica, teorica, filosofica, contro la guerra e coloro che non ne vedono l’assurdità. Roberto Sturno riesce nel suscitare il fastidio, l’ostilità, il disagio per questa rappresentazione di una realtà cruda, non edulcorata dal compiacimento della quotidianità banale e tuttavia pure così importante…

Minetti è il bambino, ormai invecchiato e dimenticato attore, pieno ancora di speranze nel futuro: aspetta, nella notte di Capodanno, il direttore del teatro per firmare un contratto e portare in scena Re Lear per commemorare i duecento anni dalla fondazione del teatro cittadino. La tragedia di Shakespeare è stata il suo cavallo di battaglia, anzi è stata l’unica opera che ha interpretato per molti anni, prima di essere licenziato e ritirarsi: egli stesso è Lear che, ogni sera, indossata la maschera donatagli da un famoso artista, interpreta il proprio monologo davanti allo specchio. Nell’attesa dell’incontro, Minetti si abbandona ad un  flusso di coscienza – che Andrea Barracco trasforma quasi in un dialogo senza risposte con alcuni personaggi inseriti sul palcoscenico – e ricorda la propria vita di successi e di emarginazione. Nel suo mestiere di attore geniale e confuso, Minetti lancia giudizi ironici e paradossali sulla società spietata e sul teatro che non vuole più riflettere. Straordinario Glauco Mauri nel cogliere tutte le sfumature nascoste dentro al testo: allegria, tristezza, ironia, speranza, desiderio…

I personaggi di Thomas Bernhard sono nudi, malati e crudamente realistici; non dialogano, chiusi come sono in una inevitabile solitudine, ma hanno bisogno degli altri per esistere, come ogni essere vivente. Il mondo costruito dagli esseri umani impazzisce e l’autore tenta di decifrarlo oppure contrapporsi attraverso i suoi personaggi. L’unica possibilità che resta è la ricerca della bellezza, sempre che non divenga nevrotica, grazie al teatro, alla musica, alla letteratura, alla filosofia. Alla psicoanalisi, aggiungo io. Il bambino Minetti, novantatreenne, attende di recitare ancora il suo Re Lear; il bambino Riformatore del mondo gioca per terra con un rotolo di pergamena, laLaurea Honoris Causa, che userà come cannocchiale per guardare verso le stelle oppure nelle finestre dei vicini.

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