In Generale

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In questi giorni si parla molto del libro del generale Vannacci che si intitola Il mondo al contrario: si leggono commenti sui social e anche su Instagram, in cui occasionalmente tento di scrivere nonostante le insormontabili difficoltà del neofita. Avendo letto il commento, troppo irritato, di un amico scrittore cui mi sento affezionato, desidero aggiungere qualcosa al coro delle ostilità.

Senza entrare nel merito del valore culturale del saggio, che immagino basso come accade quando una persona si arroga il diritto di giudicare gli altri in maniera definitiva, vorrei evidenziare un  fatto importante: purtroppo per lui, il generale scivola in un equivoco clamoroso: crede di parlare di un fenomeno sociale ed invece parla di un problema personale.

Il problema personale, del quale il generale non si accorge, è la sua paura che il mondo sia diverso da quello che riesce a concepire: in questo mondo al contrario egli non riesce più a capire chi sia e sente il bisogno di urlare per la disperazione. La sessualità – propria e altrui –, il colore della pelle – proprio e altrui –, la povertà – propria e altrui – sconvolgono ogni individuo che ha paura di affrontare sé stesso e i propri fantasmi inconsci (che spesso sono desideri piuttosto intensi). La sessualità, espressa sempre e comunque da ogni corpo umano, disorienta quando genera il timore di non riuscire a comprendere sé stessi.

Invece il fatto sociale che trovo inquietante, da quando abbiamo un governo di destra, è che ogni persona di stampo reazionario si senta in obbligo di affrontare in modo confuso e arrogante argomenti che sono profondi, coinvolgenti, fondamentali per l’esistenza quotidiana molto più di quanto non lo sia un litro di benzina. Forse tutti moriremo, tra un po’, per il caldo assoluto: proprio per questo sembra stupido e inutile voler imporre ad altri la sofferenza che dispiace a noi stessi.

Non comprerò il libro del generale Vannacci, non solo per il costo di 19 €; non solo perché ritengo offensivo che una persona si arricchisca sfruttando la sofferenza degli altri (rendo atto all’autore di averlo stampato a spese proprie), ma anche perché 325 pagine – di argomenti che presumo frivoli, pesanti, arroganti, stantii, che non hanno niente da spartire con il buon senso e nemmeno con il rispetto della persona – mi sembrano eccezionalmente indigeste.

Nella lunga vita di psicoterapeuta, ho avuto a che fare con militari rigidi, altezzosi, superbi, ed ho sempre trovato in loro elementi di poesia e di umanità, talvolta davvero troppo nascosti; ma la volontà di affrontare le proprie paure è stata, per essi, risolutiva e li saluto tutti con affetto anche a distanza di tempo.

Però riconosco al generale Vannacci il merito di avere tolto il velo dell’indifferenza e dell’ipocrisia all’intolleranza profonda, al razzismo e alla xenofobia che caratterizzano il nostro mondo e che non hanno nulla a che vedere con l’antica cultura romana.

A tale proposito desidero aggiungere una parola intorno al cripto razzismo che coinvolge tutti, anche chi scrive, e prendo spunto dai riferimenti a Paola Egonu che, pare, sia stata inclusa come esempio nel suo lungo trattato dal generale Vannacci. Assistendo alla partita di pallavolo dei campionati europei ho notato come il commentatore esaltasse, commentandone le gesta, la nuova stella: Ekaterina Andropova, nata in Islanda da genitori russi, venuta in Italia all’età di 15 anni e ora, diciannovenne dalla pelle candida, italiana a pieno diritto. Ne ha anglicizzato il nome da Ekaterina a Kate (con la pronuncia Keit per intendersi). Nei commenti sportivi la brava giocatrice è diventata italianissima, mentre Paola Egonu e Myriam Sylla, che sono italiane nate in Italia (una a Cittadella e l’altra a Palermo), sembrano due straniere cui sia stato concesso l’asilo politico… sarà mica per il colre della pelle?

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