Le cose di prima

Le cose di prima

Quando sono andato a sentire la presentazione del romanzo di Giuseppe Aloe, il 10 dicembre, nel corso della manifestazione Più libri più liberi, Arnaldo Colasanti ha fatto una breve brillante introduzione alla lettura del libro – centrato sul rapporto genitori e figli – indicando alcuni argomenti adatti ad un commento dello psicoterapeuta presente in sala, che ero io. In coda all’evento, mi sono proposto di dare un piccolo contributo ai ragionamenti dell’autore, che mi ha ascoltato con cortesia. Gli ho comunicato tre pensieri: l’adolescenza ha sempre a che fare con l’invidia; il complesso di Edipo riguarda anche gli adulti; infine, per chi è adolescente, la coppia genitoriale è duplice: ci sono i genitori reali e quelli immaginati nell’infanzia. L’autore teneva gli occhi bassi ascoltando i primi assiomi; invece al terzo assioma ha alzato la testa e mi ha guardato. Ho pensato che quello fosse il punto, perciò ho aggiunto che avremmo potuto affrontare l’argomento in una presentazione presso il mio istituto (IPRS): la proposta lo ha interessato e abbiamo deciso di mantenere i contatti.

In quel momento il libro non l’avevo letto; l’ho letto ora.

Tratta della storia di un ragazzo, che passa dalla pubertà dei dodici anni all’adolescenza dei quattordici: è il periodo nel quale avviene la scoperta sessuale, fragorosamente. Ma la storia è rivissuta nel pensiero di un uomo più che quarantenne: lo stesso protagonista, Martin. Diventato adulto ricorda le vicende e le sofferenze del passato, ormai orfano della famiglia originaria. Fa l’isegnante. Il racconto lascia presumere sia un ottimo insegnante ed anche persona interessante e la sua riservatezza fa innamorare una collega, bellissima e vivace oppure bella e vivacissima – da qualche parte c’è un superlativo -: cominciano a frequentarsi. Egli le racconta di sé mentre scrive il libro della propria vita: le dice del carattere pacato e rinuciatario del padre e della voglia rabbiosa di sessualità della propria madre che aveva la sua età di adesso. Insomma, questa madre insodisfatta si procura un amante, con il quale interpreta spudoratammente ogni pratica sessuale di fronte a marito e figlio, incurante di ogni moderazione e senso morale.

L’amante, Grebic, è cortese ed educato con la donna, prepotente e violento con marito e figlio; soprattutto, è capace di prestazioni sessuali instancabili. Lo si apprende perché la disposizione delle stanze, nell’abitazione, non consente privacy: tutti sono spettatori e attori.

Parallelamente alla stesura del racconto, procede la storia d’amore di Martin ed Annette, anche lei capace di una sessualità libera e coinvolgente, del tutto simile a quella raccontata ma affrancata dal bisogno di ostenare oscenità: le due storie si intrecciano sempre di più, perché la ragazza si elegge prima lettrice degli scritti di Martin.

Nel racconto compaiono altre due figure fondamentali: un compagno di classe, Nasone, di cui è confidente; e un vicino di casa, Reinard, è spettatore di tutte le drammatiche evoluzioni famigliari. Altro protagonista è il mare.

In una accelerazione drammatica del racconto, il padre viene malmenato dalla coppia di amanti e rinchiuso in una legnaia dentro la quale è tenuto come un animale. Mentre l’adolescente assite impotente a quell’umiliazione, resta l’unico ad assistere alla sessualità sfrenata della madre, il cui amante è puro strumento di lussuria. Colasanti ha evidenziato, in questa particolare relazione, un nesso con il mito di Clitemnestra ed Egisto, che agiscono la propria lussuria, incuranti della presenza di Elettra ed arrivano ad uccidere Agamennone per condividere potere regale e passione sessuale.

Dall’episodio della reclusione, la storia di Martin diviene sempre meno realistica assumendo, perciò, un valore simbolico: le obiezioni di Annette sul silenzio dell’adolescente, sull’omissione di soccorso, ricevono come risposta la giustificazione di una confusione insuperabile e della paura del peggio. L’idea, per me lettore, sembra poco plausibile; invece appare, sottopelle, una certa connivenza.

Gli eventi si susseguono rapidamente: Reinrad ha compreso tutto e, insieme a Martin, elabora un piano per liberare il padre e punire i violenti. Così accade: di fronte alle minacce di Grebic, Reinard imbraccia un fucile e mostra la capcità di tenere a bada la coppia. Il padre di Martin, liberato, va a vivere insieme al suo salvatore nella casa di fronte; Martin divide il proprio tempo extrascolastico con loro, ma la sera, paradossalmente, rientra a dormire nella casa degli amanti, sicuro dentro al pericolo, come un giovane Amleto. Il suo atteggiamento di sfida viene affrontato da Gerbic: in un’assenza della madre, il quattordicenne è massacrato di botte.

Salvato fortuosamente da Renaird e dal padre esce dalla sua ambiguità consenziente. Il padre di Martin decide di vendicarsi: intende uccidere la moglie e l’amante, fuggire e nascondersi nelle campagne. In un’alba quasi estiva, i due amanti vengono uccisi a colpi di pistola. L’indagine giudiziaria conferma le responsabilità: Martin rimane erede di tutti i beni materni e sceglie come tutore lo stesso Reinard.

Il racconto sarebbe terminato, ma l’autore è bloccato nella scrittura: confida ad Annette di non essere soddisfatto di quanto ha scritto, perché non corrisponde alla verità. Si decide alla rivelazione finale: è lui l’autore degli omicidi, compiuti con la pistola fornitagli da Nasone. La fuga del padre era stata solo una messinscena, riuscita, per scagionarlo.

Annette è sconvolta da questa rivelazione  e vorrebbe andarsene, ma Martin la convince a parlare ancora, deve aggiungere qualcosa: l’ultima frase del libro è rivelatrice del tutto, perché si tratta di un romanzo, solo un romanzo… è una finzione.

Così proprio l’ultima, ultimissima, riga costringe ad una riconsiderazione complessiva: il racconto è costruito sulle invenzioni incestuose di un adolescente che ripercorre, nell’inconscio e nella fantasia, le vicende di Edipo Re oppure di quell’Amleto così tanto ambiguo. La psiche del ragazzo si forma emergendo dal caos delle tempeste ormonali: Gerbic è una figura immaginaria che interpreta i desideri sessuali scatenati dell’adolescente, irrealizzabili per la presenza di un padre scialbo. Perciò Martin lo disprezza e lo vorrebbe eliminare. La carica sessuale inesauribile, propria della pubertà, si riaffaccia nel rapporto con Annette e si traduce felicemente in una relazione reale e non immaginata, senza il bisogno di una violenza trasgressiva.

Il recupero di stima verso la figura paterna avviene gradualmente per tramite un maschio adulto: professore, zio o amico serve da ponte per ripensare al passato. Allora i racconti paterni ritrovano spazio e dignità. L’assassinio di Gerbic e della madre è un evento idealizzato: l’adolescente Martin supera il delirio sessuale ed elimina il fardello violento e incestuoso dentro di sé insieme all’oggetto d’amore osceno immaginato nella figura materna…

Era solo finzione: un bel racconto, come un sogno in una notte di mezza estate

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