37’2 le matin

37’2 le matin

Il libro racconta una storia d’amore impossibile che, tuttavia, si realizza.

Perché l’amore è impossibile? O sembra esserlo, per lo meno tra persone di sesso diverso? La risposta, pur se complicatissima, è semplice: maschio e femmina vivono – di fatto – in due mondi differenti che si toccano solo attraverso i rapporti sessuali.

Il protagonista, aspirante scrittore, si è innamorato di una bellissima ragazza, Betty, che ha gli occhi verdi e fa di mestiere la cameriera affascinante e rabbiosa. Il protagonista riferisce in prima persona, ma di sé non dice nulla: sappiamo solo che ha trentacinque anni e anche questa informazione è acquisita in maniera indiretta, a causa di una caduta rovinosa e in un altro frangente di scarso significato. Sappiamo anche che le donne gli si offrono.

Il resoconto di una condizione febbricitante per amore (37’2 è la temperatura tipica di una donna incinta, al mattino) inizia da un camping, in una città di mare, in cui l’autore fa l’inserviente senza chiarire i motivi di una tale scelta lavorativa. Attraverso il fluire della narrazione, gli si attribuisce una cultura superiore, per lo meno in ambito letterario: all’improvviso appaiono alcuni quadernetti che hanno accolto la stesura di un libro, di cui altro non si dice. L’autore non riferisce nulla della propria famiglia o del proprio passato; semplicemente descrive uno stile di vita tranquillo, in una specie di assolato eremo spirituale.

L’incontro con Betty, bellissima ragazza dal fisico perfetto, gli sconvolge l’esistenza. La bellezza suscita ammirazione al primo impatto ma si impone anche la personalità della donna. La relazione d’amore si sviluppa nella piena intensità dei sentimenti dal momento in cui Betty si presenta a casa del protagonista, un bungalow, avendo perduto lavoro ed alloggio a seguito di una lite furiosa con il datore di lavoro.

Così inizia un’avventura che prosegue fino alla morte di lei e al successo artistico del protagonista. L’impeto di Betty gli sconvolge la vita, innanzitutto perché la ragazza scopre il suo manoscritto – bouquin è il termine usato – da cui rimane affascinata e si lascia travolgere dall’amore verso il compagno. Inizia la corsa verso la realizzazione di un desiderio: riuscire a partorire il romanzo del suo amore. L’invio del manoscritto ad editori diversi ottiene una messe di rifiuti che Betty sente come sconfitte personali e la rendono quasi febbricitante. Il protagonista si adegua a quella corsa di cui comprende il malessere e un’inquietudine che riflette la propria, nascosta da una pacatezza che sfiora l’atarassia. Vorrebbe impedirle di soffrire per non soffrire anche lui.

Compiacere le fantasie della ragazza gli impedisce, però, di coglierne il significato più profondo: la fantasia di partorire il frutto del suo amore e lasciare nel mondo un segno della propria presenza. Diviene evidente un contenuto inconscio patologico quando Betty, che indossa una spirale anticoncezionale, si convince di essere incinta: quando la verifica delle analisi dimostra il contrario, il fallimento della fantasia la spinge negli abissi dello sconforto fino a piegarla verso gesti autolesionisti. In ospedale, nel reparto psichiatrico, progressivamente perde conoscenza e muore, intanto che l’ultimo editore, ricevuto il manoscritto inviato da lei, accortosi della bellezza del bouquin lo pubblica.

Completando con le proprie azioni il delirio di Betty, il protagonista lascia intendere che ella si sia immolata per lasciare al suo amore qualcosa di sé. L’espediente del sacrificio per amore, oscuro e suggestivo, è presente nei miti  e nella letteratura da sempre: al momento della stesura del romanzo, edito nel 1985, credo che Djian ricordasse, così come ricordo io, almeno John Steinbeck (es. Al dio sconosciuto, 1933; Uomini e topi, 1937); ma l’argomento è uato con grande delicatezza e senza dichiarazioni banali, in un sapiente crescendo nel meccanismo narrativo.

Ho letto il libro nella versione originale: è scritto in una lingua bellissima, un colloquiare che evita l’uso dei termini televisivamente consueti, ma afferra il gergo da un ambiente abbastanza marginale proponendosi in modo incisivo. Ad esempio il libro è bouquin, i soldi sono fric, le attività complesse sono truc; in questo mondo attribuisce al vivere dei personaggi l’apparenza normale e, nello stesso tempo, anarchica e trasgressiva.

Il romanzo è strutturato in episodi distinti; ognuno di essi brilla di una luce propria come un racconto breve, ma si lega agli altri per la vicenda dell’amore: anzi, parafrasando il titolo di un film, essi rappresentano le conseguenze dell’amore (2004, Paolo Sorrentino).

L’elenco degli episodi può essere così riassunto: l’esordio e la vita tranquilla del protagonista; l’irruzione di Betty nella quotidianità; la distruzione fisica del bungalow in cui vivono, per opera della ragazza, e la fuga nella città d’origine di lei; la vita comune vicino alla sorella di Betty e al suo ragazzo Eddie e il lavoro di camerieri; il viaggio in una città del Sud dovuto alla morte della madre di Eddie; la vita in questa città della coppia protagonista e il commercio dei pianoforti; le liti furiose a causa del bouquin e il dono di un appezzamento di terra con capanna sui monti vicino (le Alpi o il Massiccio Centrale) che si rivela un fallimento; la falsa gravidanza di Betty. Il folle tentativo del protagonista di soddisfare ogni capriccio di Betty per scongiurarne la fuga nella follia lo porta a compiere un’incredibile rapina a mano armata dal quale ricava un bel po’ di fric, ma non la salva dall’ospedale psichiatrico e dalla consunzione estrema della catatonia (come per Bartleby lo scrivano).

Ho conosciuto questo libro, famoso in Francia dopo il film Betty Blue (1986), leggendone un altro: Limonov (2011) di Carrère, in cui viene citato il 37’2 di Djion, di cui è probabilmente epigono.

 

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