La Ricerca della bellezza.

La Ricerca della bellezza.

La Collezione Cavallini Sgarbi: da Lotto a Morandi

Dal 12 Giugno 2021 al 30 Settembre 2021, Ad Ascoli Piceno nel Palazzo Dei Capitani, Piazza del Popolo 10, tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 20.00 (ultimo ingresso un’ora prima della chiusura)

Attribuirei la frase immagine: «Capolavori che rivelano la storia di una infinita e appassionante caccia amorosa» al curatore Vittorio Sgarbi; come pure il commento che la segue: «una collezione d’arte privata è la fondazione di un sistema simbolico, la creazione di una palestra per l’anima, un luogo dove si materializzano scelte intime, meditate e, talvolta, sofferte. Sovente si dimentica che la sua più alta vocazione sia quella di accogliere il pubblico, di offrirsi agli sguardi, di raccontare la propria storia», che suona come motivazione per il visitatore e giustificazione per l’organizzatore.

L’esposizione, minima se confrontata al numero di opere della Collezione Cavallini Sgarbi, propone un emozionante percorso lungo quattro secoli, dalla seconda metà del Quattrocento fino al novecento.

Il progetto è accattivante, soprattutto perché inserito nella splendida cornice della città e della straordinaria piazza.  Si avvale di molteplici sostenitori: Fondazione Carisap, Regione Marche, Comune di Ascoli Piceno, Camera di Commercio delle Marche, Bim Tronto.

La mostra è realizzata dalla Fondazione Cavallini Sgarbi, in collaborazione con la Fondazione Elisabetta Sgarbi e l’Associazione Culturalmente Insieme; è prodotta da Contemplazioni.

Il comunicato stampa sostiene che dentro al Palazzo dei Capitani si respirerà l’atmosfera intima, propria di una collezione privata, che è frutto dell’appassionata caccia amorosa: quella di Vittorio Sgarbi, svolta in tandem con la madre Rina Cavallini, che ha acquistato le opere in numerose aste in ogni angolo del mondo.

La mostra di Ascoli Piceno sembra piuttosto un affare di famiglia: della famiglia Sgarbi Cavallini, ovviamente. Vi appaiono – con differenti presenze – tutti i componenti della famiglia: Elisabetta Sgarbi, deus ex machina che presiede a tutto è rappresentata, in un poster inserito tra le opere, alla maniera di Frida Kahlo; Vittorio, forse non l’unico ideatore ma certamente il curatore della mostra, appare in un altro poster come uomo del rinascimanto ma anche in un filmato – curato in modo accattivante – come illustratore di alcune opere illuminate selettivamente con il gioco di una torcia elettrica; il padre Giuseppe Sgarbi appare in un filmato tranquillamente panoramico, che descrive l’ambiente di Ro Ferrarese; la madre, signora Rina Cavallini, è lo spirito che aleggia sopra tutto, come prima sostenitrice del rumoroso figlio e suo braccio esecutivo, capace di rintracciare ed acquistare dipinti antichi, alcuni dei quali è possibile apprezzare in quest’occasione.

È nostalgico e interessante ricordare che nel 2015 Giuseppe Sgarbi venne intervistato da Famiglia Cristiana, nella casa di Ro Ferrarese, in occasione dell’uscita del libro “Lei mi parla ancora” dedicato alla moglie Rina. Da questo libro di memorie, Pupi Avati ha tratto l’omonimo film, uscito nello scorso mese di aprile: Sgarbi senior è interpretato da Renato Pozzetto; Stefania Sandrelli è la moglie Rina; Chiara Caselli è la figlia Elisabetta; è omesso il personaggio del rumoroso figlio primogenito. Nell’intervista, come pure nel libro, è riportata una bellissima frase rivolta all’amata Rina, con la quale ha condiviso gli anni della guerra, della ricostruzione; la farmacia a Ro Ferrarese; l’alluvione del Polesine e i due figli, fino all’allestimento di una casa-museo: «Mi fermo qui, non voglio fare più niente di nuovo… di un futuro nel quale non ci sei non so che farmene».

La casa di Ro Ferrarese è il mini Louvre in riva al Po, che aiuta a capire qualcosa dell’universo sgarbiano: quattromila opere d’arte stipate ovunque; dipinti e sculture che cambiano aspetto con la luce naturale o artificiale. A detta di Giuseppe il figlio Vittorio è affabulatore nato e gran seduttore, con un trasporto verso le donne quasi istintivo; Elisabetta, che ha fondato la casa editrice La Nave di Teseo, è molto più ordinata e pignola. Vittorio corre sempre a destra e a sinistra, invece il lavoro di Elisabetta è riflessivo e pacato. Insieme Elisabetta e Vittorio sono riusciti a coinvolgere Giuseppe in una impresa nuova: registrare un filmato ed un’intervista dedicata a Ro Ferrarese e, ancora una volta, a Rina.

Mi soffermo a sottolineare un aspetto della mostra che mentre risulta estremamente positivo, può prestare il fianco ad una critica: i dipinti sono esposti seguendo la logica apparentemente confusa. Nello specifico, intendo dire che i quadri di grande pregio sono affiancati a quelli di autori minori, attinenti per il periodo storico oppure per il tema trattato; debbono essere perciò individuati e riconsciuti. Questo criterio espositivo sembra necessario ed univoco ma non lo è; nasconde, invece, un’intenzione educativa eloquente: nelle mostre più declamate e nei musei più importanti del mondo il dipinto più noto viene isolato ed esposto un ambiente capace di ospitare tante persone, distanziandolo da altri dipinti. Il visitatore ingenuo e anche pigro, trascura tutto il resto a prescindere dalla qualità e dalla bellezza delle altre opere, e rivolge la propria attenzione solo a quello.

C’è, nella mia mente, il ricordo di una visita al Louvre: nel ramo del museo dedicato alla pittura del rinascimento italiano, la sala dedicata alla Gioconda era affollatissima di visitatori, accalcati per ammirare l’unico quadro; il corridoio ampio, al quale la sala era collegata, pieno di una quantità di straordinari dipinti del rinascimento italiano tra cui quattro splendidi lavori di Leonardo da Vinci – La Vergine delle Rocce, San Giovanni Battista, La Belle Ferronnière, Sant’Anna la Vergine e il Bambino con l’agnellino – accoglieva solo tre visitatori: chi scrive, un amico e un’amica.

Nella mostra Sgarbi Cavallini il visitatore è costretto a rivolgere il proprio interesse a tutti i quadri esposti, per arrivare ad individuare alcuni straordinari gioielli dell’arte (qui sento la voce di Vittorio gridarmi: capra! capra!): due dipinti di Lorenzo Lotto; due ritratti di Ribeira e lo straordinario Allegoria del Tempo di Guido Cagnacci, un particolare del quale fornisce il tema del manifesto promozionale. Gli splendidi dipinti sono inseriti in una fila di opere meno significative, del medesimo periodo, che vengono necessariamente osservate con qualche attenzione in più; bisogna imparare a guardare.

Questo criterio rende palese – anche – l’intenzione sottintesa di accrescere un valore artistico e culturale per semplice vicinanza; ma anche questo sprona all’apprezzamento e all’approfondimento.

Certamente Vittorio Sgarbi gode di un legame artistico, culturale e politico molto forte con la Regione Marche; ricordiamo di aver visitato almeno cinque mostre realizzate sotto la sua direzione artistica: Simone De Magistris: un pittore visionario tra Lotto e El Greco (Caldarola, 2007); Da Rubens a Maratta, Le meraviglie del Barocco (Osimo, 2013); Le stanze Segrete di Vittorio Sgarbi (Osimo, 2016); Maddalena tra peccato e penitenza (Loreto, 2016); Tra seduzione e potere (Gualdo Tadino, 2017). Per amor di precisione, bisogna specificare che Gualdo Tadino si trova in Umbria, al confine con le Marche.

Sottolineato, ancora una volta se ce ne fosse bisogno, che la frase di (o attribuita a) Giulio Tremonti – che l’arte non dia da mangiare – è sciocca, dobbiamo riconoscere altri due meriti alle attività di Sgarbi e della sua importante famiglia: riuscire a portare la grande cultura nella provincia italiana – forse dove neanche te l’aspetteresti – come facevano i Signori delle corti rinascimentali; poi vivacizzare ed arricchire, di un turismo più attento, un territorio meraviglioso e per lo più sconosciuto. Nella bellissima cornice di Ascoli Piceno, abbiamo gustato un piatto ottimo nel famoso e celebrato Bar Meletti e abbiamo salito le scale del Palazzo dei Capitani, con lo stesso spirito ed emozione affettuosa che ci coglievano nel Bar Tric Trac e dentro Palazzo Racani Arroni a Spoleto, durante i meravigliosi giorni dei Festival condotti da Gian Carlo Menotti.

«Dimmi, o luna: a che vale / al pastor la sua vita, / la vostra vita a voi? Dimmi: ove tende / questo vagar mio breve, / il tuo corso immortale?» scriveva un noto poeta marchigiano e ama recitare Giuseppe Sgarbi: invitiamo, chi voglia visitare la mostra, di fare anche il contrario di ciò che abbiamo fatto noi e cioè ricercare la bellezza verso l’orario della chiusura; andare a mangiare qualcosa al Bar Meletti poi, e passeggiare in piazza del popolo sotto la luna…

 

3 Replies to “La Ricerca della bellezza.”

  1. La mostra fa obiettivamente cagare … Quadri di medio-basso livello, organizzati e illuminati male…

  2. Al di là del giudizio sulla mostra, che può non piacere, è l’avverbio”obiettivamente” che non va. Può un giudizio essere obiettivo?

  3. Ho visitato ieri la collezione e l’ho trovata bellissima. Ci sono pezzi importanti ed emozionanti.
    Ho amato molto le due opere di Cavalier d’Arpino, in particolare la Madonna della melagrana con la sua splendida cornice. Ovviamente l’Allegoria del Tempo di Guido Cagnacci è indimenticabile.
    L’angolo espositivo dedicato alle foto e agli oggetti della famiglia Cavallini-Sgarbi è tenero e delizioso.
    Mentre ammiravo la mostra ho provato la netta percezione di quanto amore, desiderio e impegno Vittorio Sgarbi, i suoi genitori e la sorella, hanno rivolto ad ogni opera.

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