MADAME BOVARY

MADAME BOVARY

di GUSTAVE FLAUBERT riscrittura di Letizia Russo

con: (in ordine di apparizione)
Emma Bovary LUCIA LAVIA
Charles Bovary LINO MUSELLA
Homais GABRIELE PORTOGHESE
Léon MAURO CONTE
Hippolyte LAURENCE MAZZONI
Berthe (manovrata da) ROBERTA ZANARDO
Lheureux ELISA DI EUSANIO
Rodolphe XHULJO PETUSHI
regia ANDREA BARACCO
scene e costumi MARTA CRISOLINI MALATESTA
disegno luci PIETRO SPERDUTI
musiche GIACOMO VEZZANI
prodotto da ALESSANDRO PREZIOSI, TOMMASO MATTEI, ALDO ALLEGRINI

PRODUZIONE KHORA.TEATRO  Teatro Piccolo Eliseo, Roma – prima nazionale

La storia di Madame Bovary rappresenta emblematicamente la cultura borghese: il libro scandalizzò e divenne rapidamente il termine di riferimento di una condotta e di una morale – definita bovarismo – che si caratterizza per la condizione di insoddisfazione, accompagnata da desideri di evasione in campo mondano, sentimentale o intellettuale.

Il romanzo, ambientato nella piccola provincia francese, prende le mosse dalla vicenda umana di un giovanotto di poche pretese, Charles Bovary, sopraffatto dalle ambizioni materne che lo vogliono medico. Con grande fatica il giovane, adeguatamente distolto dai pochi aneliti di libertà, torna con la laurea ed una modestissima capacità terapeutica. Sposa – ça va sans dire – una donna benestante, ma più anziana. In un solo ed unico caso, la scarsa abilità di Charles riesce a produrre una guarigione perfetta, per la frattura alla gamba di Monsieur Rouault. Le ripetute visite all’anziano possidente, inducono la figlia Emma ad inventare una storia sentimentale/esistenziale che, coinvolgendo il medico, la allontani dalla monotonia campestre.

Le prime ambizioni vengono soddisfatte: non appena Charles resta vedono, chiede in sposa Emma. Ma, inutilmente, la donna cerca di istillare nell’imbelle marito le proprie personali fantasie mondane: annoiata, inizia presto a vagheggiare altre possibilità – che prevedono avventure amorose e uomini più risoluti nell’offrirle il piacere – orientandosi verso la ricerca di emozioni create attraverso la trasgressione ed il rischio.

Nel frattempo nasce la figlia Berthe che Emma invia a balia, non volendo rinunciare alle proprie fantasie di evasione. A partire da quest’istante, si dipanano tutte le trame di Madame Bovary: ogni conoscente appare potenziale amante o complice; il raggiro nei confronti di Charles si impone come metodo di vita. Ben presto la donna si indebita, all’insaputa del marito, per acquistare vestiti o disporre del contante necessario a soddisfare le proprie fantasie. In una sorta di apoteosi psicotica, Emma inventa un tentativo di suicidio – potenzialmente in grado di azzerare il debito morale – che potrebbe facilmente essere sventato, ma invece la conduce alla morte a causa dell’imperizia di Charles, unita alla sua inconscia volontà di vendetta. Così finisce la breve vita di Madame Bovary che, come coloro che sono cari agli dei, muore giovane sfuggendo all’insulto del tempo.

Il principale problema, nel portare in scena un romanzo così intenso, consiste nel rendere comprensibile – in un tempo breve – l’enorme groviglio di fatti e desideri che l’opera rappresenta: privilegiare un aspetto particolare della storia può rendere impossibile la percezione del respiro complessivo; cercare di narrare i fatti principali, rende confusa la rappresentazione e la appesantisce con il rischio di annoiare. Per questa importante difficoltà va accolta con rispetto la riscrittura di Letizia Russo che, però, rimane effettivamente noiosa e poco efficace in più di un momento; sostanzialmente, ella è riuscita a caratterizzare solo tre personaggi: Emma, Charles e Berthe mentre tutti gli altri sono semplici ombre (scelta che può anche sembrare opportuna, leggendo il pensiero di Emma come psicotico).

In una scenografia molto efficace (di Marta Crisolini Malatesta) – costituita da un parterre e da una balconata sopraelevata, cui si accede tramite una scala a vista – con pochi oggetti di arredo (tavoli e sedie) la bella Emma Bovary (Lucia Lavia) corre e scalpita in preda alle sue euforie, mentre Charles (Lino Musella) la segue o la osserva con una sorta di sorridente ironia. Gli altri ruotano intorno, cùpidi di desiderio e ambizione, soddisfacendo alle fantasie della donna oppure spiando le intenzioni dell’uomo. La presenza di Berthe rende il quadro sconcertante per la freddezza reciproca di madre e figlia: questa mi sembra l’invenzione teatralmente più riuscita. Il giudizio può mostrarsi cinico, visto che Berthe è un manichino ma, in realtà, la bellezza estetica della marionetta e la bravura particolare di Roberta Zanardo, che la manovra, rendono quella figura assolutamente viva e capace di attivare nello spettatore (per lo meno in noi) il transfert della sofferenza incompresa di un bambino. Il regista Andrea Baracco, ci pare abbia voluto conferire alla protagonista un accento femminista – proiettandola verso la rivendicazione di un’affermazione personale – che, però, ritengo improprio.

Nel romanzo di Flaubert, il personaggio di Emma esprime il tipico carattere della dama borghese che tesse, nella penombra, i propri raggiri, indirizzati alla gestione di un potere sessuale ed economico che servono a preservare la medesima cultura borghese. La Emma di Flaubert non cura alcuna delle proprie qualità intellettuali o artistiche: le utilizza solo per strutturare la propria costruzione narcisistica, nella quale interpretare il ruolo principale.

Anche la figura di Charles, sul palcoscenico ci è sembrata poco conforme: l’atteggiamento ironico, che traspare in alcuni dialoghi, presupporrebbe una certa sicurezza, invece dell’esasperante pusillanimità percepita attraverso la lettura del romanzo. Gli altri personaggi, come detto, risultano praticamente insignificanti ed incomprensibili per chi non abbia letto o non ricordi (bene) il romanzo.

Ci piace sottolineare comunque la bravura e la notevole presenza scenica di Lucia Lavia; l’ottima interpretazione di Lino Musella; la straordinaria capacità espressiva e gestuale di Roberta Zanardo; e le qualità di tutti gli interpreti. Ci sono piaciuti le scene e i costumi; luci e musiche si rivelano adatte al commento e alla creazione di atmosfere romantico-intimistiche, ma lo spettacolo ci è sembrato faticoso e, a tratti, noioso.

Un piccolo inciso finale: una Madame Bovary potrebbe assurgere al ruolo di eroina qualora non fosse così tanto narcisisticamente concentrata su di sé e se non fosse altrettanto invidiosa dei ruoli maschili  (e sarebbe inoltre interessante confrontare questa figura con quella storica dell’imperatrice Messalina, 23 d.C. – 48 d.C., moglie di Claudio). Non necessariamente donna è bello. (pietrodesantis)

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