Incontro con Melania G. Mazzucco

Incontro con Melania G. Mazzucco

Introduzione a Letteratura e psicoanalisi descrivono i nuovi contesti famigliari. Conversazione con l’autrice di Sei come sei (Einaudi 2013) e gli psicoterapeuti dell’Associazione Psicoanalisi Contro

Il titolo di quest’incontro prende spunto dal contenuto del romanzo Sei come sei di Melania Mazzucco.

Il libro racconta del viaggio in treno, in pullman, in autostop di una adolescente che va alla ricerca del padre, o meglio, di uno dei suoi due padri; dai pensieri di Eva, la protagonista, si dipana una storia che è anche la ricostruzione e la descrizione del suo particolare contesto famigliare: formato da una coppia di uomini, i suoi genitori, e da lei, loro figlia.

Melania Mazzucco, in questa come in altre opere, comunica una precisa volontà che è poetica e politica nello stesso tempo: analizzare il gruppo sociale all’interno del quale la vicenda si sviluppa.

Vuole che il lettore sia consapevole delle sue intenzioni e le manifesta innanzitutto in maniera implicita, cioè fornendo una quantità di dettagli che permettano di riconoscere uno scenario autentico: nel caso di Sei come sei descrive una stazione della metropolitana di Milano, la strada per Visso e tanti altri particolari in maniera che il racconto non resti ad un livello puramente concettuale, ma assuma contorni concreti.

Però manifesta queste intenzioni anche in modo esplicito: in alcuni romanzi, infatti, ella elenca le fonti d’informazione che hanno contribuito a descriverle luoghi e abitudini: lo fa nelle prefazioni o nelle post fazioni ai propri scritti. Come esempio cito Un giorno perfetto nella cui postfazione Melania precisa “questa storia non è accaduta… tuttavia per scrivere con verità la sconosciuta filologia della vita quotidiana ho importunato decine di persone… in particolare Paola Di Nicola … ora magistrato di frontiera… e poi giudici, poliziotti, avvocati, carabinieri, professori, operatrici telefoniche, writers, studenti, maestre, dottoresse, massaggiatrici, infermiere, badanti, bambini, clown, insegnanti di body sculpture…”.

Attraverso questi particolari, l’autrice conferma di porre la massima attenzione nel descrivere – e quindi, in un certo qual modo, interpretare – il contesto sociale e come esso influenzi profondamente i protagonisti delle vicende: i personaggi dei suoi romanzi, pertanto, anche se non sono reali, risultano “veri”.

Utilizzando un’espressione del nostro linguaggio psicoterapeutico, affermo perciò che l’autrice attraverso i suoi romanzi analizza, descrivendolo, l’inconscio sociale.

Anche il lessico e la grammatica risentono di quelle analisi e, a loro volta, le esplicitano: la lingua diviene uno slang di borgata (Un giorno perfetto, Limbo) o il gergo di vita militare (Limbo); oppure il linguaggio saturo di riferimenti tecnici ed artistici di una bottega seicentesca (La lunga attesa dell’angelo); quello dell’adolescente di una famiglia bene (Sei come sei); quello nevrotizzato di un consumatore di stimolanti (Un giorno perfetto) e così via.

Le vicende si dipanano rimbalzando dalle descrizioni dell’autrice al pensiero espresso in prima persona dall’io narrante del protagonista, che parla nel proprio gergo, riportato sulla pagina scritta con la concitazione della lingua parlata che può ignorare le regole della grammatica e della punteggiatura. Fatto, questo, che mette in evidenza le caratteristiche psichiche del personaggio.

Melania Mazzucco definisce la propria scrittura fluviale (Lei così amata); tale espressione – a mio parere – esprime sia la ricca quantità dei particolari descrittivi, sia l’inarginabile ineluttabilità degli avvenimenti. Prendendo a prestito un esempio da lei stessa citato durante una conversazione, se vuole descrivere un viaggio in treno ritiene necessario citare le località che il convoglio attraversa, come è fatta la carrozza, di che tessuto sono tappezzati i sedili, quali sensazioni il tessuto rimandi al tatto, quali odori ristagnino nello scompartimento…

La ricchezza dei particolari e dei riferimenti, fornisce anche gli indizi di altri due amori – per il teatro e per l’arte figurativa – che ne hanno accompagnato la formazione e ne impreziosiscono lo stile.

La passione per il teatro le è praticamente innata: riferisce, Melania, delle domeniche trascorse nelle sale prove in cui il padre, Roberto, allestiva i propri spettacoli, inizialmente per curiosare e poi per svolgere il ruolo di suggeritore; ella descrive la meraviglia provata nell’osservare come un attore, salito in scena in jeans e maglietta, possa trasformarsi e diventare improvvisamente un re, grazie solo all’impostazione della voce e all’appropriatezza dei gesti.

Il padre, Roberto Mazzucco, è stato un commediografo e storico del teatro (L’avventura del cabaret, 1976); le sue opere furono rappresentate in vari paesi d’Europa e negli Stati Uniti. Scrisse racconti, programmi radiofonici e sceneggiature televisive: ha lasciato un unico romanzo, I sicari di Trastevere. Anche noi di Psicoanalisi Contro lo abbiamo incrociato nel 1987, come spettatori di “Addio Cabaret”, allestito al Teatro Flajano, che Sandro Gindro e Renzo Rossi recensirono nella rubrica I Farfalloni del mensile di Psicoanalisi Contro.

L’amore per l’arte figurativa se non è “innato”, sorge quasi subito, ed è ugualmente riconducibile all’ambito famigliare: ”Ad Parnassum di Paul Klee infatti campeggiava sulla copertina di un libro d’arte per bambini, che mi fu regalato da mia madre in occasione del mio quinto compleanno”. Quello per l’arte figurativa è un amore coltivato lungamente e con passione, tale da portarla a scrivere un’opera enciclopedica “Jacomo Tintoretto e i suoi figli” (2009) ed a collaborare all’edizione domenicale del quotidiano La Repubblica (2013) con la descrizione di un’opera d’arte: la raccolta dei cinquantadue articoli ha portato alla pubblicazione del bel libro “Il museo del mondo” (2014) da cui è tratta la precedente citazione.

Nella formazione socio-culturale di Melania Mazzucco hanno avuto ruoli importanti anche l’attività sportiva (pallavolo) e il volontariato (istituti per la riabilitazione dei bambini): le hanno fornito la consapevolezza del valore del gruppo e della forza della solidarietà.

In una conversazione con un gruppo di studenti l’autrice svela la propria idea sulla funzione sociale del romanzo. Il romanzo ha tre contenuti: il pensiero cosciente dell’autore in merito all’argomento trattato, ne è la componente politica; ma la pagina scritta va sempre oltre il pensiero cosciente e presenta un contenuto ulteriore che coglie gli aspetti inconsci dell’autore e del suo gruppo sociale; la terza componente è l’opinione del lettore che adegua il racconto alla propria storia personale attraverso meccanismi di identificazione e proiezione. L’autore perciò non deve far prevalere il proprio pensiero politico: se ne è capace il romanzo avrà il valore di una testimonianza, che sarà tanto più forte quanto più precisa risulterà la descrizione del contesto. Per questo, il genere letterario di riferimento Melania è quello del romanzo storico: I promessi sposi sono un esempio splendido, purtroppo poco amato proprio a causa dell’insegnamento scolastico; ma esistono esempi di romanzi storici più vicini ai nostri giorni e ai quali fa ugualmente riferimento come ad esempio I soldati di Salamina (2001) di Javier Cercas. Sente di appartenere anche ad un altro filone letterario che si potrebbe definire di testimonianza sociale, che esamina piuttosto la contemporaneità: ne è un esempio la scrittrice nigeriana Chimanada Ngozi Adichie con il suo Americanah.

Melania Mazzucco è tra gli scrittori italiani più premiati e letti in Italia e nel Mondo; della lunga lista di riconoscimenti cito solo quelli attribuiti a tre opere: Vita (2003, premio Strega), Un giorno perfetto (2005, Premio Hemingway e Premio Roma) dal quale è stato tratto il film diretto da Ozpetek e La lunga attesa dell’Angelo (2008, Premio Bagutta). Li cito per una personale quanto incompleta predilezione.

Ma, tornando al titolo di questo incontro, il riferimento è anche ad un articolo di Sandro Gindro, fondatore dell’Associazione Psicoanalisi Contro e dell’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali, pubblicato nel 1998 che porta il titolo La nuova genitorialità e il futuro della famiglia. In questo articolo Gindro afferma tra l’altro “…Oggi sembrerebbe che la tendenza sia di intendere per famiglia ogni gruppo ristretto di persone dalla coppia in su, che manifesti il desiderio di vivere insieme. Potremmo quindi dire che oggi la famiglia è la voglia di stare insieme di qualcuno, che avendo rapporti sessuali con individui del proprio o altrui sesso, può desiderare, ma non necessariamente, di avere figli di cui prendersi cura. La cosa non è poi così nuova: abbiamo avuto già negli anni ‘70 le esperienze delle Comuni in cui c’era la promiscuità sessuale e i bambini erano educati dal gruppo. I kibbuzim in Israele sono forme di famiglia allargata in cui ci sono padre e madre, ma poi tutti si prendono cura di tutti i bambini. Tutte queste forme collettive di famiglia sono andate in crisi, anche se ne sopravvive qualcuna in qualche parte del mondo.

Non è andata in crisi, però, l’esigenza del rapporto familiare, della struttura familiare, che è presente anche in una coppia omosessuale o in un ménage di tre o più persone. Non è detto infatti che il rapporto familiare debba necessariamente essere ristretto a due persone e agli eventuali figli.

Si è partiti da una famiglia nucleare composta da un maschio e una femmina, ed ora sembra che non ci sia intenzione di fermarsi più e lo stesso discorso vale per il diritto di procreare o adottare figli.”

Pietro De Santis

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