Perché non lo portate a Lourdes?

Perché non lo portate a Lourdes?

“Capricorno. È il segno di Gesù Cristo. La Madonna sa riconoscerlo, e farà la grazia. Una donna misteriosissima, tra gli invitati al Premio Strega, lascia che il messaggio raggiunga Lorenzo, perché si convinca che la cosa più giusta per lui, tetraplegico, sia recarsi a Lourdes per chiedere il miracolo. Sono in tanti a partire ogni anno per il pellegrinaggio. L’UNITALSI – Unione Nazionale Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali – si occupa dell’organizzazione, del treno bianco, del pernottamento, dell’arruolamento dei volontari, della liturgia – non solo religiosa – da cui dipende tutto il viaggio.”

Lorenzo Amurri, figlio d’arte, è un giovane divenuto tetraplegico a causa di un incidente: arrivato alla notorietà con il romanzo “Apnea” finalista del premio Strega, ha scritto un breve, interessante diario di viaggio a Lourdes, località in cui un’amorevole e sconosciuta amica di amici voleva mandarlo a tutti i costi.

Lourdes è il “paradiso delle carrozzine”, dei rosarii e delle madonnine di plastica piene d’acqua miracolosa. Ma è anche un luogo del cuore nel quale gli sfortunati del mondo – ma non i più sfortunati – s’incontrano e forse sperano in qualcosa di soprannaturale ma, ancor più, assorbono il calore dei propri reciproci sentimenti.

Lorenzo ateo, incredulo, immerso in una normalità tetraplegica, osserva dal basso questo mondo, accogliente in apparenza, pretendendo il rispetto dovuto alla persona nella sua interezza (più che nella sua integrità) e respingendo il ruolo di oggetto inanimato.

Lorenzo cerca l’uomo: in se stesso, negli altri; ma cerca anche il raggio di luce in una spiritualità più ricca di contenuti rispetto a quella pubblicizzata attraverso i mezzi di comunicazione di massa.

Siamo tutti afferrati alla vita – pur se essa ci maltratta ed è matrigna – e Lourdes è un luogo in cui la vita si lascia afferrare o, almeno, promette di farlo. È un luogo di amicizie e di amori, anche sessuali.

In questa prima quindicina d’anni del nuovo millennio si sta affermando una corrente letteraria che definirei di letteratura del sociale. Alcuni autori (oltre ad Amurri citerei Mazzucco, Magno etc.) sviluppano i propri intrecci narrativi per fotografare gli aspetti di quello che noi definiamo “inconscio sociale”: ossia descrivono un comportamento sociale diffuso, osservandolo dall’interno: attraverso una storia, una cronaca, un diario che descrivano le persone delineandone il personaggio, cioè l’aspetto psicologico. Si tratta di una tendenza narrativo/educativa che confesso di apprezzare molto: mette il dito nella piaga, rifugge la retorica ed auspica cambiamenti intervenendo nel coté culturale, in una parola: interpreta la realtà, smascherando la cattiva coscienza perbenista. Pensare che questo compito spetterebbe anche alla politica…

…Ma ecco che, ragionando di questa sorta di mandato della politica, mi è accaduto un curioso caso di serendipity. Trascorrevo il week end a Siena, una delle città italiane preferite dai turisti – soprattutto francesi – amanti della cultura e dell’arte medievale: e in effetti, in questa città, parlano di medioevo gli edifici, i manufatti, le opere d’arte ma, soprattutto, i dipinti, raccolti in più di una pinacoteca. A memoria ne citiamo quattro: la Pinacoteca Nazionale, il Palazzo Pubblico, il Museo Diocesano e il complesso museale di Santa Maria della Scala. Ma perché queste notizie? Dunque a Siena, nei momenti di riposo dalle visite e dalle passeggiate leggevo questo libro e l’interesse si spostava da Lourdes, per qualche motivo inconscio, verso la Pinacoteca Nazionale di Siena, che mantiene una raccolta di dipinti medievali di straordinaria importanza: opere di Ambrogio Lorenzetti, Duccio di Buoninsegna, Simone Martini e decine di altri autori dallo sconvolgente spirito artistico.

Se qualcuno fosse spinto dalla curiosità, potrebbe visitare in internet virtualmente (molto) il museo, in quanto solo le opere più importanti sono visibili; ma non è che i visitatori reali siano più fortunati né si illudano di vedere neanche quelle, perché i quadri non sono ben visibili nemmeno alla distanza di un metro: intendo dire che le sale della pinacoteca sono al buio o in penombra.

Leggendo il libro si è sedimentata – forse nel desiderio di un miracolo – quell’amara constatazione: incuriosito dalla strana illuminotecnica, ho cominciato ad indagare sui problemi tecnici (mancano proprio i fari alogeni dagli alloggiamenti e quelli bruciati sono lasciati inutilmente al loro posto) giungendo alla scoperta che mi ha stupefatto: non è colpa della politica!

Cioè, sebbene il Ministero dei Beni Culturali invii regolarmente i fondi per la manutenzione, pare che il sovrintendente (il cui nome potreste leggere su internet) preferisca investirli in mostre temporanee quali la Spada di San Giorgio oppure: “Bianca e blu. Una moda designer ed il suo archivio”. Queste mostre sono illuminate. Debbo confessare, però, di aver pensato che se un simile personaggio resti al suo posto, nonostante tutto, godrà di pesanti appoggi politici…

Comunque intorno alla spada di San Giorgio c’è poco da dire: viene da Colonia e non ha ucciso nessun drago; sulla moda “Bianca e blu” preferiamo stendere un velo pietoso, ripensando alla qualità dei reperti di “modernariato” malamente accozzati dentro una teca. Chi conosce Roma sa che a Porta Portese si possono trovare decine di vestiti dismessi simili a quelli esposti e acquistabili per pochi euro.

Non siamo riusciti ad eliminare il sospetto che la meravigliosa mostra – le cui immagini pudicamente non sono esposte in internet – sia stata concepita seguendo la tipica inclinazione del “Chercher la femme”.

Per concludere più degnamente la strampalata parentesi geografica, vi comunichiamo però di avere ammirato lì dentro un’opera straordinaria di Ambrogio Lorenzetti: si tratta di un affresco (una crocifissione che internet non offre) di grandi dimensioni, molto rovinata, in cui la figura del Cristo emerge dal bianco del fondo come un corpo che attraversi la parete, dotato di una potenza suggestiva straordinaria.

Però, seduti ai tavoli di un bar della piazza del Campo, e bevendo un buon bicchiere di Rhum osservavamo la notte e finivamo di leggere il romanzo di cui sopra.

pietro de santis

I commenti sono chiusi