Le arie da concerto di Wolfgang Amadeus Mozart per voce di soprano
di Cristina Vysocki
presentazione – concerto
giovedì 19 giugno, Accademia Filarmonica Romana – sala Casella
soprano Margherita Pace
tenore Luigi Petroni
pianoforte Alberto Galletti
Con un certo stupore abbiamo appreso che questo testo, edito dalla Libreria Musicale Italiana, è tratto dalla prima Tesi di Laurea sulla musica di Mozart mai discussa in Italia e datata 1989!
La cosa ci ha fatto riflettere sulla nostra personale ignoranza: spesso conosciamo meno chi sentiamo più vicino.
Nel libro si analizzano le arie da concerto di Mozart per voce di soprano (sono circa cinquanta), divise secondo alcuni criteri: arie scritte per interpreti note al musicista e con le quali stringeva rapporti affettuosi, oppure a seguito di committenze o, infine, per il piacere dell’artista di cimentarsi su testi noti e già utilizzati da altri. Sul palco della Sala Casella l’autrice ne ha illustrate quattro, che sono state anche eseguite dal vivo.
La prima “Alcandro io lo confesso”, K294, fu scritta da Mozart per la voce di Aloysia Weber: l’autrice ha fatto notare le molte particolarità stilistiche, le note acute e le agilità, scritte proprio per far risaltare le doti della giovane interprete di cui, come è noto, l’appassionato musicista era stato innamorato.
Generalmente Mozart scriveva i brani sulla voce degli interpreti, perciò la soprano Margherita Pace, una ragazza molto bella sia nella presenza scenica sia nella vocalità, è stata messa a dura prova dall’esigenza di adattare la propria voce a quelle altrui. Diciamo che, in questo caso, la bellezza fisica e l’impegno hanno dovuto supplire ad inevitabili mancanze: come se una “taglia 44” fosse costretta ad indossare una “taglia 42” oppure una “taglia 48”.
Nel brano K294 gli acuti e le agilità erano un po’ troppo spinte, adatte appunto ad Aloysia Weber, e la bella Margherita le ha dovute affrontare con velocità e brillantezza non pari a quanto immaginato.
Nell’aria rondò “Ch’io mi scordi di te?” K505, meno caratterizzata vocalmente, Margherita Pace si è espressa con più libertà denotando, però, una certa difficoltà nel trasmettere la passione insita nella musica: una gestualità un po’ meccanica, un “darsi trattenendo” e una dinamica esecutiva troppo uniforme ne hanno delineato un’immagine eccessivamente “apollinea”.
L’aria “Resta o cara” K528, scritta per Josepha Duśek, è densa di difficoltà di intonazione per uno scherzo reciproco tra la cantante e Mozart: ella lo fece chiudere a chiave in una stanza promettendo di liberarlo solo in cambio di un’aria scritta per la sua voce; egli la ricambiò inserendo nel brano difficoltà improbe. Anche se la voce della Duśek risultava con ogni probabilità più “drammatica”, Margherita Pace è riuscita a dare il meglio, grazie ad una intonazione pressoché perfetta in una tessitura più agevole per la propria vocalità.
Tra le arie per soprano, una è stata interpretata dal tenore Luigi Petroni: si trattava probabilmente di “Ah! Non son io che parlo” (per una distrazione imperdonabile non abbiamo segnato il titolo). La dimenticanza però non cancella l’ottima impressione suscitata dall’interprete, capace di una giusta tensione, espressivo, sufficientemente sciolto da soddisfare appieno le motivazioni della scelta operata dall’autrice del libro: dimostrare come la musica mozartiana possieda un contenuto intrinseco capace di modificare “miracolosamente” il significato letterale delle parole.
Vogliamo segnalare una caduta di stile, che attribuiamo al maestro Marcello Panni, direttore dell’Accademia Filarmonica Romana: aver imposto il pagamento di un biglietto d’ingresso per la presentazione di un libro, venduto a prezzo di copertina, pur se accompagnata da esempi musicali e pur se conclusa con un aperitivo (immaginiamo un bicchiere di prosecco).
pietro de santis