Il bene che crediamo di fare

Il bene che crediamo di fare

Di Raffaella Bonsignori
Edito da Giuffré

Raffaella Bonsignori, avvocato penalista che vive e lavora a Roma, ha recentemente pubblicato il suo primo libro di narrativa: “Il bene che crediamo di fare”, titolo che si ispira, come l’autrice stessa spiega, alla frase che Luigi Pirandello scrisse nei Sei personaggi in cerca d’autore che così recita: “Ah, se si potesse prevedere tutto il male che può nascere dal bene che crediamo di fare!”


Il libro, distribuito da GIUFFRE’ EDITORE, fa parte alla nuova serie di Diritto e Rovescio ed è in vendita al prezzo di euro 18. Si compone di sei racconti suddivisi in tre capitoli per un totale di circa 160 pagine e tratta temi quali il tradimento, il risentimento e la violenza. Tutti argomenti questi che coinvolgono i protagonisti delle storie narrate sotto un duplice aspetto psicologico e  fisico.
Questa raccolta ha la capacità di suscitare curiosità e creare aspettative nel lettore grazie ad un titolo astuto che rimanda il pensiero alla frase di pirandelliana memoria. Già dalle prime pagine però si resta la delusi.
I racconti spaziano dalla banale storia di un libertino approdato al matrimonio quasi per caso, all’omicidio perpetrato da un insigne filologo e docente universitario della sua giovane amante-allieva; nel mezzo ci sono storie di tradimenti etero e omosessuali, improbabili e fiabesche riunificazioni familiari, ottuso rigore morale, fino al confuso monologo che una donna pazza di risentimento, riversa sul suo amante solo fisicamente presente.
Forse l’aspetto più interessante sta nel fatto che alla fine di ogni racconto vengono riportate note di sentenze giuridiche affini all’argomento trattato.
Lo stile narrativo usato è assimilabile a quello dei romanzi rosa per cui, anche se le storie narrate vorrebbero ostentare un risvolto psicologico ed un profilo morale, risultano invece confuse e contraddittorie.

Le innumerevoli circonvoluzioni espressive sono più vicine ad uno stile di stampo giuridico, che mal si concilia con la volontà narrativa dell’autrice, ostacolata anche dall’esile spessore dei racconti.
Sorprende, forse, la scelta editoriale di una casa editrice prestigiosa come la Giuffré: comunque, un lavoro letterario, teatrale, musicale o di qualsivoglia forma d’arte richiede sempre impegno e coraggio. Ed il coraggio è una qualità che non va mai sprecata.

Sandra Antonetti

 

 

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