Cantata “La terra è liberata.” (Apollo e Dafne) HWV 122

Cantata “La terra è liberata.” (Apollo e Dafne) HWV 122

di Georg Friedrich Händel
Oratorio del Gonfalone – Roma
Stagione 2009

Il programma della serata, giovedì 19 novembre, proponeva la cantata “La terra è liberata” (Apollo e Dafne) per Soprano e Baritono, flauto traversiere, 2 oboi, fagotto, violino solo, 2 violini, viola, violoncello solo e basso continuo composta tra il 1706 e il 1710 (cioè nel periodo italiano della sua vita avventurosa) preceduta dal Concerto grosso op. 3 n. 6 del 1723 e dal Concerto grosso op. 6 n. 6 del 1739 (composti nel lungo periodo londinese).

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“Rara ma non troppo: la Malattia di Huntington”

“Rara ma non troppo: la Malattia di Huntington”

L’Associazione Italiana Corea di Huntington- sez. Roma e l’ISTC/CNR, in collaborazione con l’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali- ente attuatore del Polo Provinciale per le Malattie Rare, hanno organizzato un Teaching Course dal titolo “Rara ma non troppo: la Malattia di Huntington”.

Il corso vuole illustrare tutte le problematiche legate alla malattia, che siano esse di natura clinica, socio- assistenziale o psicologica. L’incontro avrà luogo il 15 dicembre 2009, dalle ore 8.30 alle ore 13,00, nell’Aula Seminari Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione/CNR presso Istituto Nazionale Sordomuti, Via Nomentana, 54 00161 Roma.

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Io, Don Giovanni

Io, Don Giovanni

io-don-giovanni-immaginedi Carlos Saura

Il film è incentrato sulla grande opera mozartiana, sulla sua genesi e, se possibile, sul suo significato inconscio. La storia racconta un po’ confusamente, tra flash back e narrazioni cronologiche, un frammento della vita di Lorenzo Da Ponte dal momento della sua conversione obbligata all’età di 14 anni, essendo nato ebreo con il nome di Emanuele Conegliano, fino alle note della dannazione del Don Giovanni mozartiano – nella probabile rappresentazione di Vienna del 7 maggio 1788 considerata la presenza cinematografica del personaggio Katherina Cavalieri, quale interprete di Donna Elvira –, momento in cui ha raggiunto l’età di 39 anni.

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Il caso di Alessandro e Maria

Il caso di Alessandro e Maria

Commedia in due atti di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
con Luca Barbareschi e Chiara Noschese
Teatro Quirino

Il caso di Alessandro e Maria, testo nostalgico e poetico, racconta una storia problematizzata.
La  semplice vicenda potrebbe essere così riassunta: due ex-amanti si incontrano dopo un intervallo di due anni: lei, tuttora innamorata, vorrebbe tornassero insieme anche facendo un figlio; lui desidera solo provare, per una volta ancora, l’affetto, le sensazioni e la vivacità di un rapporto un po’ adolescenziale. Ne scaturisce una struggente impossibilità d’amare: esaurito il momento dell’identificazione proiettiva, che illude di “essere fatti l’uno per l’altro”, emergono i difetti temporaneamente messi a tacere nel bagliore luminoso del sentimento.
Tra i due, piuttosto che l’amore dell’uno per l’altra, risuona la nostalgia del “come erano” o, più realisticamente, del “come avrebbero desiderato essere” mentre rimangono troppo aggressiva lei, troppo egocentrico lui. In questo paradigma, il caso di Alessandro e Maria rappresenta teatralmente l’essenza del rapporto di coppia, così come millenni di esperienze sociali lo hanno stratificato.

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José de Souza Saramago

José de Souza Saramago

ha incontrato i suoi lettori al Teatro Quirino, il 14 ottobre 2009 alle ore 21saramago

Ho convinto i miei amici a raggiungere il teatro Quirino per ascoltare la conferenza di José Saramago, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1998, ma non perché mi piacciano i suoi romanzi. Li trovo infatti faticosi, troppo versati ad un surrealismo di maniera e ad una ribellione verso le forme a tutti i costi; e trovo l’autore condizionato da un impasto di narcisismo e pigrizia, adornato di una veste simbolica e politica.
Tuttavia non posso neanche affermare di conoscere a sufficienza la letteratura di Saramago e, forse, l’opera che mi incuriosisce di più fa parte di quelle che non ho letto: La storia dell’assedio di Lisbona, che mi sono proposto di leggere appena sarò capace di vincere l’idea stessa di fatica, che mi assale ancor prima di aprire i suoi libri.
Per un po’ ho pensato fosse una questione di lingua: che la lingua portoghese abbia una costruzione, un’architettura tali da rendere faticosa la sua traduzione, come per la lingua araba; poi ho ripensato al piacere intenso provato nell’abbandonarmi ad altra letteratura in lingua portoghese – Grande Sertao di Guimaraes Rosa per esempio – e ho concluso che quella supposizione non potesse essere confermata.

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