Quando c’era Berlinguer
soggetto e regia di Walter Veltroni
Sono passati trent’anni dalla morte di Enrico Berlinguer, avvenuta a Padova l’undici giugno 1984, e anche dalla fine del partito comunista italiano – sostiene l’autore del film –; e se sono in pochi coloro che, tra le nuove generazioni, sappiano rispondere alla domanda: “Chi era Berlinguer?”, ciò è dovuto anche alla scomparsa dell’ideale comunista ma, forse ancor di più, alla scomparsa degli ideali sociali in genere. Che quest’ultimo fenomeno possa essere correlato all’incredibile offensiva scatenata contro i regimi comunisti da Karol Wojtyla non è escluso anche perché, come sempre accade, se scompare un dualismo scompaiono anche gli ideali che lo sostengono: ciò non è necessariamente un male. Comunque Walter Veltroni presenta un Enrico Berlinguer – ricostruito attraverso immagini di repertorio e interviste a chi l’ha conosciuto, ha vissuto e lavorato al suo fianco – senza riuscire a sottrarsi alla classica e spesso banale retorica del “come eravamo”. …
“… deponendo l’onestà / delle religioni contadine, / dimenticando l’onore / della malavita, / tradendo il candore / dei popoli barbari, / dietro ai loro Alì / dagli occhi azzurri / usciranno da sotto la terra per uccidere…” (P.P. Pasolini, Profezia, 1962-64)
Jacky (Michaël Youn) è un cuoco dai gusti raffinatissimi il cui difetto è, però, di essere l’unico a saperlo. Formatosi “solo” sui libri di cucina e sulle trasmissioni televisive di Alexandre Lagarde (Jean Reno) ed assolutamente sconosciuto, è costretto a cercare lavoro in taverne e bistrot parigini dove i clienti consumano frettolosamente i “soliti piatti”. Dopo l’ennesimo licenziamento, trova un impiego da imbianchino in una casa di riposo, per le insistenze della compagna (Raphaëlle Agogué), decisa, incinta e prossima al parto.