Mi sono detta: ecco, è andata così
È da tempo che lotto con mia madre. La chiamo sempre “mamma” dentro di me, ma scrivendo di lei la parola che mi viene alla mente è “madre”.
Riflettevo ieri sera, anzi notte, prima di andare a dormire e dopo aver terminato la lettura del romanzo di Agata Christie -Miss Marple al Bertram Hotel- che sono giorni in cui il primo pensiero da sveglia e l’ultimo prima di dormire è lei.
Tra noi due è in atto una lotta feroce, credo che lei ne sia consapevole (se non sono io ad attribuirle ciò): lotta senza quartiere per il controllo ed il possesso dell’una sull’altra, fino a quando una delle due si dichiarerà, o sentirà, sconfitta.
Mi sono chiesta: cosa voglio? Quale strada devo percorrere? Continuare in questa altalena di si, no, non rispondo al telefono, chiamo / non chiamo… Mio marito mi dice di risponderle quando telefona, non tanto per lei, quanto per evitare a me stessa dispiaceri, malessere, noia. Veramente lui parla di sofferenza più che altro.
Sto girando attorno al pensiero e non riesco a metterlo a fuoco, e sì che stanotte ero sicura di averlo afferrato. È proprio come quando cerco di fermare un sogno appena sveglia. Mi sono detta: ecco, è andata così, è questo il motivo, ho capito, ne potrò parlare con il mio psicoterapeuta… (il più delle volte attribuisco ad una precoce senilità questa frammentazione dei ricordi e la continua, avvilente e sconfortante sensazione di decadenza cerebrale).
La lotta con lei si direbbe all’ultimo sangue, fatta di frasi semplici, taglienti come stilettate, ma tutte in punta di fioretto ed educate, quando non trasborda l’ira che sta premendo dietro le parole. Certo che ho la gastrite! Come potrei non averla, dopo anni di rabbia incanalata contro me stessa!
Io voglio controllare la sua vita per punirla. E nello stesso tempo punire me stessa per questo orribile comportamento, perché io sarò come lei da vecchia: ne ho paura.
Non potrei lasciarla libera di vivere come vuole? Con le sue donne di servizio, le amiche, le persone che le stanno intorno? Libera di blaterare in continuazione di cose vane senza dare tregua a chi l’ascolta, per nascondere al fondo quello che invece le preme di più?
Cerca in me e da me la sua identità forse…oppure la conferma della sua vita, delle scelte che ha fatto.
Continua a dirmi che ha vissuto per me e per mio fratello, che ci ama, ma il suo è un amore di madre che non riesco a collocare: viene dalla letteratura? è una forma di teatro? una sua arma di difesa? spossante sentirselo ripetere in continuazione, magari accompagnato dalla richiesta supplice di un abbraccio.
Quando scrivo così mi sento un verme ed è questo forse il suo scopo, farmi sentire un verme. Immediatamente la mia reazione di insofferenza.
Riesco ad odiarla e compatirla nello stesso tempo perché comunque è in lei che mi rispecchio.
Avrei voluto una mamma comprensiva – ma non debole – giusta ed equilibrata e non così teatrale.
Sono invece diventata come lei: mi fagocita, spreme le mie energie ed è come una sanguisuga. È riuscita a farmi odiare me stessa per questi pensieri. Non so se arriverò mai a giudicarla in modo equilibrato e con giustizia. Ecco il risultato: con lei mi sento ingiusta e questo mi fa stare in pena.
Sarebbe stato così semplice amarmi, non avevo bisogno che di questo, essere amata per me stessa. Invece ho trovato una madre che ha amato molto, o solo, se stessa, dando ad intendere a tutti che non era così. Risultato: mi sento anch’io così.
Credo sia per questo che voglio ora punirla: la tratto come se non fosse vecchia, bensì come una donna nelle sue piene forze. E quando è preda dei suoi vaniloqui mi sento confortata dal pensiero che sì, è giusto che io la controlli, è per il suo bene che devo prendere decisioni al suo posto per la sua vita quotidiana e futura.
In tutto ciò spicca l’assenza totale di mio fratello. Non lo so se egli potrà mai capire l’ambivalenza dei miei sentimenti nei confronti di nostra madre.
È indubbio che voler punire mia madre attraverso il controllo è una vendetta, ma sta uccidendo la mia anima.
(liliana ciccarelli)