Sognando il gatto

Sognando il gatto

Ho sentito parlare di questo libro – apparentemente dedicato ai ragazzi tra i 10 e i 13 anni – per ben due volte nelle trasmissioni di Radio3. L’autore, Mario Desiati, ha recentemente vinto il Premio Strega con Spatriati e, pertanto, merita la massima attenzione: questo significa innnanzitutto invidia, la mia. Non so come si faccia a vincere un premio, mi sembra impossibile, e ammiro chi riesce. Immagino sia importante affrontare quelle pagine scritte cercando di carpirne il segreto; però di Spatriati parlerò in un’altra occasione.

Ho sentito la prima volta Sognando il Gatto in una trasmissione dedicata a Pier Paolo Pasolini, nato nel 1922 e morto nel 1975. Infatti, i protagonisti del libro incrociano i protagonisti di Il Vangelo secondo Matteo – in maniera immaginaria – perché alcune scene del fim furono girate a Massafra in provincia di Taranto. Mario Desiati è nato a Locorotondo in provincia di Bari ed è cresciuto a Martina Franca, in provincia di Taranto: sono luoghi a cui è fortemente legato ed appaiono spesso nei suoi scritti. Così l’autore ha preso due piccioni con una fava: raccontare di Massafra e di Pier Paolo Pasolini in un colpo solo. Se poi includiamo il riferimento alla legge Basaglia del 1978 e alla morte di Pasolini, avvenuta nel 1975  i piccioni diventano quattro. Aggiungerei anche il riferimento alla Vita davanti a sé, di Romain Gary pubblicato nel 1975, che sarebbe il quinto piccione… Cinque piccioni con una fava sono troppi! tant’è che il racconto risulta confuso.

Il pretesto al libro credo sia, comunque, un omaggio a Pasolini, nel tentativo di rendere la sua figura – poetica ed eroica – accessibile ai ragazzi a cui sembra rivolgersi. Chi siano questi ragazzi è presto detto: Cicalino, Pepe, Diavolo e Spinetta, più o meno coetanei di età compresa tra i dieci e i tredici anni. Prendendo spunto dal romanzo di Gary, la storia vede i bambini di cui sopra essere tenuti a pensione da Menuccia, una quasi prostituta, che si occupa di tenere i figli dei migranti che non hanno possibilità di ricorrere a parentele più o meno strette. Vivono in un cavone, una specie di grotta come quelle di Matera, e siccome i soldi non bastano mai e i migranti, distratti come i genitori delle favole non pagano, i quattro bambini sono costretti a lavorare nelle campagne.

Nel libro, lo sfruttamento del lavoro minorile è incomprensibile: i protagonisti pare riescano a mangiare solo pochi residui di frutti e verdure; la cosa ci potrebbe stare, ma così non si capisce il ruolo della tutrice, scaltra e tutt’altro che incline ad essere personalmente sfruttata: ladra? accumulatrice di denaro da investire nelle costruzioni degli ecomostri? Oltretutto, a fianco della donna appare improvvisamente un altro personaggio: Rino Filetto, barbiere, all’apparenza gentile e affettuoso con i quattro ai quali taglia i capelli e controlla i denti gratuitamente (dietro un compenso pagato in natura da Menuccia). La figura del barbiere in paese è importante come quella del medico, del farmacita e del prete: egli interpreta un ruolo essenziale per la diffusione del pettegolezzo.

Vabbé, comunque impostato questo mondo arcaico e posticcio, la storia entra nel vivo – anzi, “nei vivi”, perché “i centri” sono due – all’apparire del Gatto. Si tratta della figura centrale della vicenda: dalla barberia di Rino Filetto si sparge la voce di una troupe cinematografica che cerca figuranti. I bambini curiosissimi – nonostante siano impegnati dalla mattina alla sera nel loro sfruttamento minorile – riescono a trovare tempo, forze e curiosità per andare a vedere cosa accada. Così conoscono questa persona che fa discorsi strani, per la verità piuttosto retorici, e li tratta come esseri umani… chissà cosa si intenda quando si dice esseri umani: adulti? marziani? pazzi? esseri liberi?

Naturalmente Micuccia oltre ad essere sfruttatrice, megera, egoista e incentrata su se stessa ha anche un buon cuore e qualche volta porta i ragazzi al cinema (senza pagare il biglietto): questo serve a introdurre l’idea del cinema quale luogo del sognare… Vuoi e non vuoi, i ragazzi e il Gatto divengono amici ma, siccome il regista del film è piuttosto chiacchierato, la gente del paese entra in rivolta e ci sono sempre di mezzo i soldi ovviamente. Così la troupe va via… ma sarebbe andata via comunque, si capisce.

Il tempo passa e arriva il secondo centro della vicenda: la cicogna. All’uscita del film Il Vangelo secondo Matteo tutti gli abitanti di Massafra vanno al cinema per riconoscersi tra le comparse: la megera, buona ma aguzzina, e – non si capisce il perché – sessualmente liberata, riesce ad ottenere quattro biglietti a patto che uno sia per lei; perciò, tra i quattro bambini ci sarà un escluso. Dopo un batti e ribatti l’escluso è proprio Cicalino. Quando tutti sono al cinema, Cicalino incontra una cicogna, vera, che si è persa dallo stormo. Egli parla con la cicogna e poi sostiene fosse Gatto: insomma, nasce una gran confusione a seguito della quale lo ricoverano nelle indifferenti strutture di cura e riabilitazione che erano i manicomi. In un’accelerazione incomprensibile si passa dal 1964 al 1978, così i manicomi chiudono. Cicalino, venticinquenne più o meno, esce dalla struttura guartito per decreto e trova ad aspettarlo il motociclista che gli dice”salta su!”. Lui salta sù e fanno un viaggio piuttosto lungo per arrivare al mare: perché pare che Cicalino fino ad allora non avesse mai visto il mare. Questo posto di mare è piuttosto strano: è l’idroscalo di Ostia dove morì Pasolini. A questa rivelazione Cicalino comprende che Gatto era, naturalmente, proprio il regista. Naturalmente il motociclista è Spinetta, ex bambina emula di Pippi Calzelunghe, di cui il protagonista è stato sempre innamorato. Naturalmente chi sogna il gatto è Mario Desiati  e, naturalissimamente, il gatto è Godot…

Raccontare la trama è difficile, per il pastiche che rappresentano cinque piccioni con una fava; però la scrittura è piacevole e la storia vorrebbe essere accattivante. Come fa sempre, Desiati tocca gli argomenti comuni al suo narrare: la tradizione cattolica; la barriera tra adulti e bambini; il legame con la terra; la nostalgia di ciò che non è mai stato; il mito della sessualità femminile; la tentazione dell’omosessualità; il difficile equilibrio tra salute e follia. Sono temi importanti nei quali, però, si rischia di scivolare in equivoci facili o in luoghi comuni dal sapore di retorica vetero femminista.

 

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