Venne alla spiaggia un assasino
Il mare Mediterraneo si sta riempiendo di morti. Barche inadeguate e stipate all’inverosimile navigano a vista, provando a raggiungere le nostre coste. Alcune ci riescono, altre vengono riacciuffate e riportate indietro, in Libia. Altre ancora, moltissime, affondano. Ho deciso di andare a vedere. Angosciata dall’irrazionalità e dalla ferocia che spinge ministri e politici a considerare i morti un buon esempio, un deterrente per gli altri migranti pronti a partire, mi sono imbarcata con chi invece vuole salvarli.
Venne alla spiaggia un assassino è il racconto del tempo trascorso sulle barche delle famigerate ONG, trasformate in pochi mesi da alleate della guardia costiera italiana in colpevoli di ogni nefandezza. Donne e uomini che dedicano la propria vita al soccorso in mare e meriterebbero il Nobel per la pace e invece vengono insultati.
di Michael Frayn, regia di Pino Strabioli
Negli ultimi centocinquanta anni, la nostra bella città ha conosciuto parecchie disgrazie: dagli architetti piemontesi nei primi del ‘900; a quelli fascisti nel celebrato ventennio; a quelli democristiani, dagli anni cinquanta in poi l’antica capitale del mondo occidentale – bellissima, da un metro e mezzo d’altezza in su oppure da un metro e mezzo di scavi in giù – ha conosciuto un degrado via via più demoralizzante, aggravatosi a partire dal duemila. Esordì, subito dopo l’ingresso del nuovo millennio, un sindaco di sinistra che cercava, attraverso la visibilità fornita dalle architetture al di qua e al di là del Tevere, la propria scalata al potere nazionale: senza successo e con molte distruzioni (sono ancora aperti i lavori per un meraviglioso parcheggio sul lungotevere tra Piazza della Libertà e Piazza del Popolo).
