Figurine

Figurine

di Oberdan Cesanelli

Abbiamo la fortunata possibilità di poter vantare molte amicizie nel mondo del Teatro. Tra di queste annoveriamo la “Compagnia delle rane” e Oberdan Cesanelli. Questi amici – insieme o separatamente – stimolano e ravvivano la vita della provincia marchigiana organizzando stagioni teatrali, maratone di lettura e manifestazioni musicali.

Sapevamo che Oberdan Cesanelli, oltre che attore e regista, è anche autore di testi teatrali; da tempo gli amici ci avevano parlato di un suo testo “molto bello”, mai rappresentato. Poi, lo scorso mese di febbraio, qualcun altro di questi amici ci raccontò di avere assistito ad uno spettacolo/concerto basato proprio su quel testo: Figurine. L’abbiamo atteso con curiosità, ed abbiamo assistito alla “prima”, nel Teatro Comunale di Morrovalle, lo scorso venerdì 10 aprile: insieme ad Oberdan, sul palcoscenico si esibivano i musicisti del quartetto Brazil Pra Leti.

Sulla scena erano in cinque: Oberdan Cesanelli (voce recitante), Letizia Ciaccafava (voce), Ettore Togni (tastiere), Claudio Zeppi (basso elettrico), Michele Sperandio (batteria) e gli strumenti, i leggii, un pallone da calcio “Super tele” sospeso a un metro da terra (grazie ad un cavetto di plastica). Iniziava Letizia Ciaccafava introducendo, a voce libera, le prime battute di una bella canzone (di cui non so dire il titolo, ma mi lamento di nuovo per la mancanza di un programma dettagliato), poi Oberdan ha letto il testo alternandosi al quartetto, che proponeva molte belle canzoni brasiliane.

Il testo, un tessuto di ricordi e sogni, vaga alla ricerca di un epilogo che, forse, ci sarà. Il protagonista è un ragazzo alle prese con l’album delle figurine dei calciatori, alcune frequenti, altre rare: quella di Sasà rarissima. Il ragazzo vorrebbe completarlo, ma non riesce, proprio a causa di quell’unica figurina. Insieme con l’amico del cuore, amato e odiato, si reca a Milano per fermare, almeno in una foto, l’inafferrabile e mitico Sasà. Riesce ad avere un colloquio con il famoso calciatore nel mezzo di un allenamento e, mentre parlano, Sasà riesce a mantenere il pallone sospeso in aria.

Sasà è bravo ed inafferrabile perché sapiente, infatti è brasiliano e conosce la grande arte del calcio: “ognuno di noi – gli dice – ha un proprio album di figurine che non riesce a completare”. Gli suggerisce di prendere una foto e svilupparla nelle dimensioni di una figurina – egli indossa anche la maglietta giusta – così da completare l’album. Ma il protagonista rifiuta di approfittare di quella scorciatoia (non sarebbe la stessa cosa) e mentre si allontana sente il pallone cadere a terra: l’incantesimo è rotto.

Si tratta della metafora della vita: c’è, per tutti, un incantesimo che spinge a cercare, a conoscere, a curiosare, a vivere (l’unica canzone che abbiamo riconosciuto è “la pioggia di marzo”, versione italiana di Ivano Fossati di “Àguas de março” di Tom Jobim, che ricorda “la speranza di vita che è dentro di te”). L’incantesimo non deve essere infranto. Il senso di nostalgia che promana dal testo e dalle musiche (saudade, direbbero loro) ha a che fare con l’età dell’oro, l’età dell’innocenza; ma anche con l’angoscia della castrazione, il senso dell’impotenza e della caducità delle cose. Ma se quell’unica figurina mancante è motivo di delusione diviene, però, anche il motore di una ricerca da estendere fino agli estremi limiti raggiungibili (nello spazio e nel tempo). Si tratta del mito di Ponos e Penìa, cioè della nascita della filosofia e dell’arte dal desiderio.

Ho trovato il testo “molto bello”.

Ma la serata del 10 aprile è stata, soprattutto, una festa: la festa del ritorno di Oberdan a Morrovalle. A causa di quell’emozione – del ritorno – la lettura è stata tenera e con qualche distrazione: avremmo voluto “starci più dentro”, forse persino soffrire un po’, per poi sentirci sollevati e desiderosi di compiere, anche noi, qualcosa di affascinante (nel piccolo o nel grande); così i bei testi teatrali impongono.

Ci è piaciuto molto il quartetto, specializzato nella musica brasiliana (della quale purtroppo non sappiamo quasi nulla): abbiamo trovato molto adatta e ben intonata la voce; professionali i tre musicisti. Vista la qualità musicale, vorremmo consigliare a Letizia di lavorare sulla brillantezza nell’emissione o (altrimenti) sviluppare un carattere vocale più marcato; ai tre bravi musicisti suggeriamo di immaginarsi a Londra o a New York, anche se si esibiscono nel salotto di casa.

Pietro De Santis

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