ART

ART

art di Yasmina Reza

I cartelli esposti al botteghino comunicano “biglietti esauriti”; il Teatro Eliseo è pieno di spettatori: buon segno. Non sappiamo niente del testo e dell’autrice, conosciamo invece gli interpreti che in generale non ci piacciono. Uno lo abbiamo frequentato personalmente e ci piace meno degli altri.

Ci guardiamo attorno in platea per cercare di comprendere, dal tipo di pubblico, il genere di spettacolo che ci accingiamo a vedere: amanti del teatro? spettatori di generi televisivi? iscritti a CRAL aziendali? Pochi sono in abiti eleganti, anche se è sabato sera.

Si apre il sipario e due quinte bianche, scorrevoli, precludono la vista della scena retrostante ed ha inizio Art: si tratta di un testo vivace, strutturato in flash back, in scene con dialoghi immediati e in brevi monologhi che illustrano la geografia di un’amicizia.

I personaggi sono tre: Marc (Gigio Alberti) ingegnere cinico e presuntuoso, amante della propria stringente logica e convinto (come don Ferrante nei Promessi Sposi) che essa coincida con il Pensiero Assoluto; Serge (Alessio Boni) medico dermatologo altrettanto presuntuoso, ammiratore ottuso dell’arte contemporanea, per ignoranza dell’arte in genere (come lo sono quasi tutti i medici); Yvan (Alessandro Haber) nevrotico e affezionato amico dei due, perennemente votato all’insuccesso però prezioso per la capacità di incassare qualsiasi brutto colpo, da qualunque parte provenga.

La vicenda si accende intorno dall’acquisto, effettuato da Serge, di un quadro esageratamente costoso, un investimento da brividi, indotto dalla vanità di entrare a far parte del mondo del collezionismo d’arte contemporanea. Il “capolavoro” è una grande tela bianca – dipinta a righe oblique altrettanto bianche ed invisibili – che, come “il convitato di pietra” produce una scossa nelle coscienze o come “l’abito nuovo dell’imperatore” porta a fingere di scorgervi immagini diversissime oppure lo zero assoluto.

Amicizia ed amore, sentimenti affini, vengono messi a dura prova dall’intolleranza superba e dall’incomprensione invidiosa: segni di tali sentimenti, abilmente descritti dall’autrice, sono magistralmente riportati sulla scena. Marc e Serge si mettono alla prova delle rispettive invidie e gelosie, dichiarandosi pronti a distruggere, per questioni di principio, anni di convivenze. Solo la presenza di Yvan, vero “deus ex machina” sebbene un po’ cialtrone, diviene risolutiva: egli si lascia insultare e persino picchiare per salvare la comune amicizia ed infine, con claudicante ed umana fisicità, riesce a riportare tutti e tre su di un terreno solido e concreto, rappresentato da una ciotola di olive e un bicchiere di cognac, consumati con autentica voluttà, segno dell’amore ritrovato.

L’epilogo è felice: un pennarello (lavabile) disegna sul bianco del quadro uno sciatore blu. La chiusa finale è resa particolarmente poetica nella descrizione, fatta dal più cinico dei tre, della tela accuratamente pulita che conserva, però, il ricordo dello sciatore blu nascosto da una candida nevicata.

Tanto nella cultura quanto nell’arte cerchiamo di individuare sempre una morale, non ci basta il semplice “divertissement” e vogliamo spendere qualche parola sull’insieme proposto da Yasmina Reza, che così tanto ammira la solidarietà maschile: amicizia ed amore sono sentimenti affini, che vivono (e muoiono) nel timore e nel desiderio della sessualità, ma subiscono la manipolazione della paura, celata dietro ad ogni vicenda umana, capace di offuscare ogni più trasparente pensiero.

Per quel desiderio, l’amicizia maschile o femminile non può essere esclusiva solo tra due, ma richiede la presenza di un terzo che mantenga distante il timore della “deriva” sessuale che così tanto preoccupa. Ma, nonostante il timore palese dell’autrice verso la propria omosessualità, emerge la dichiarazione (quasi) assoluta che l’amicizia rappresenta un fuoco necessario a riscaldare il mondo.

Abbiamo apprezzato la bravura dei tre attori; uno ci è sembrato addirittura straordinario: Alessandro Haber ha recitato con il corpo, i gesti, le inflessioni e le imprecisioni della voce prima ancora che con le parole, spesso incomprensibili nel suono, ma comprensibilissime nel significato.

Abbiamo trovato il lavoro registico di Giampiero Solari estremamente valido nella capacità di mantenere un ritmo di accelerazioni e rallentamenti, di scatti improvvisi del tutto pertinenti ed esplicativi del testo. Ci sono piaciute le scene semplici ed efficaci di Gianni Carluccio valorizzate dalle luci di Marcello Iazzetti e i costumi di Nicoletta Ceccolini ci sono sembrati adatti ad esaltare la consistenza dei personaggi.

Yasmina Reza è una delle più acclamate autrici francesi; vincitrice del premio Molière in due diverse occasioni; viene tradotta e rappresentata in tutto il mondo.

(pietro des antis)

I commenti sono chiusi