Xanax

Xanax

di Angelo Longoni
con Blas Roca-Rey e Amanda Sandrelli
regia di Angelo Longoni

Non so se il Teatro di Morrovalle abbia un nome: non l’ho mai domandato, ma neanche l’ho visto scritto, per lo meno quando me lo sono chiesto venerdì, 14 novembre, serata inaugurale della stagione; serata fortunata visto che pioveva a catinelle.

Ci sono volte in cui non viene voglia di raccontare quello che si è visto; si ha voglia di dire: “carino”, oppure: “noioso”. È una specie di avarizia, di pigrizia forse dettata dal tempo inclemente, che fa’ rinserrare in se stessi senza impedire, però, di godersi tutto anzi, forse, crogiolandosi meglio nei propri pensieri.

Di “Xanax” avevo voglia solo di dire: ”carino”.
Lo spettacolo gira in Italia da almeno due anni: si tratta di una commedia leggera e, debbo ammettere, che il mio “lato” drammatico non è stato particolarmente stimolato.

Si apre il sipario e la scenografia è il vano interno di un ascensore.
Le porte scorrevoli, che danno verso il fondale, lasciano entrare una giovane donna carina; all’altezza di un ipotetico piano inferiore, si aprono ancora ed entra un giovane uomo carino. Dopodiché l’ascensore si blocca ed a nulla servono i tentativi di azionare il segnale d’allarme o richiamare l’attenzione di qualcuno: non c’è nessuno.
La prospettiva per i due è restare bloccati fino all’alba del lunedì, quando arriveranno gli addetti delle pulizie. Nelle borse dei due non c’è quasi nulla per sopravvivere: lei ha lo xanax, lui un antiacido, lei una bottiglietta d’acqua minerale.

Ci sono piccole gags sulle crisi di panico e sull’uso di farmaci vari; ci sono momenti di abbandono e di sensualità; ci sono confessioni non drammatiche e, soprattutto, l’imbarazzo di fronte ai bisogni corporali: il disagio della civiltà…

Da studente – ma anche dopo –  pensavo seriamente che Roma non sarebbe stata capace di conquistare un impero se i suoi architetti non avessero costruito il noto sistema fognario (di cui è tuttora funzionante la “Cloaca maxima”). Il sistema era certamente semplificato giacché non vi poteva essere l’attuale ragnatela di fognature che consenta la comodità del bagno privato; piuttosto vi erano luoghi pubblici in cui i cittadini potevano di riunirsi per curare la propria igiene intima.
In particolare, nelle terme ed in altri stabili, esistevano grandi sale con lunghe panche in muratura, addossate alla pareti, che presentavano file di aperture, di grandezza pari a quella delle tazze dei nostri gabinetti domestici; su quelle panche, comunitariamente, sedevano i cittadini romani per liberare i propri corpi, tutti insieme e probabilmente conversando. Chi avesse la possibilità di visitare gli scavi del Museo di Ostia Antica, potrebbe verificarlo di persona.
Il pudore di un tempo – o meglio – la paura dei corpi, proprio ed altrui, era leggermente inferiore a quella che, grossolanamente, oggi ci affligge.

Angelo Longoni, talentuoso autore e regista teatrale e cinematografico, gioca su questo tema – del corpo e del pudore – insieme ai suoi amici Amanda Sandrelli e Blas Roca-Rey: i due personaggi rappresentati si rivelano più liberi della media delle persone reali che, di fronte ai bisogni corporali divengono aggressive per imbarazzo.
Timidezza e aggressività sono le due forme di difesa dall’imbarazzo dei corpi: più tenera è la timidezza, senza dubbio, purché non divenga inibizione. Nello spettacolo che abbiamo visto timido è il personaggio maschile e aggressivo quello femminile così come avviene, per lo più, anche nella realtà.

Spesso il teatro svolge quella funzione catartica di cui parlava Aristotele, nella poetica, ed anche questo testo leggero proposto da Longoni, ne raggiunge l’inconsapevole intento: le numerose esplosioni di risa del pubblico – dovremmo dire “liberatorie” – in risposta alle battute legate all’imbarazzo fisiologico, ne sono state la riprova.
È piaciuta la recitazione naturale dei due interpreti che davano l’impressione di “parlare” come persone qualsiasi: erano veramente buoni i tempi, le piccole pause, i gesti capaci di sottolineare le intenzioni. La scenografia semplicissima e realistica era perfetta per lasciare immergere lo spettatore nel gioco del teatro e lasciare intuire quanto la vita stessa sia teatro. Tantissimi applausi.
pietro de santis

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