Un’estate giapponese
Romain Slocombe
Noir, Francia 2000
247 pp.
Prezzo di copertina € 16,50
Traduzione: Federica Angelini
Editore: Hobby & Work Publishing, 2002
ISBN 88-7133-502-3
“Kanamé-chò è un sobborgo di Ikeburo, quartiere di piaceri e commercio, più popolare e a buon prezzo di Shibuya o Shinjuku, per esempio, le zone più frequentate dai giovani. Da quando ci hanno costruito ” Sunshine City”, Ikeburo è in piena espansione. …Le strade pedonali attorno a Sunshine City ospitano un quartiere di hotel di passaggio – love hotel – per gli amanti del pomeriggio. Il più antico love hotel d’Ikeburo si chiama “Guru-chateau”, a forma di maniero europeo. Un po’ oltre c’è il tempio buddista Gokokju, eretto nel 1681 da Tsunayoshi, il quinto shogun Tokugawa”. …
“Chi ero diventata? Mi parve che le pagine del romanzo della mia nuova vita avessero cominciato a sfogliarsi all’indietro: concetti già espressi, situazioni già accadute risalivano la corrente, salmoni di un fiume vorticoso, per riguadagnare la fonte creatrice che in stagioni trascorse le aveva generate. Non compresi subito la portata degli avvenimenti di quella notte, nel corso dello scarico dei container di fiori freschi da Amsterdam. Ma la giovane italiana che per un implacabile equivoco ci cadde tra le braccia, l’avevo conosciuta, sì, io la conoscevo bene”.
“Le diede il numero e i versi del messaggio in codice. Non voleva ascoltarli. La facevano sentire misteriosa, ambigua. Le consegnò la copia delle chiavi dell’appartamento. Si baciarono, uno sfiorarsi di labbra, e lui le mise in mano la valigetta. Poi la accompagnò fuori della stanza, la osservò scendere dalle scale e alzare la testa per guardarlo, fino a quando il suo viso non scomparve nel buio”.
Gianni Tomasina ha avuto sempre il cinema nel cuore; la sua passione sempre crescente alimentava una curiosità vivace per ogni settore dell’arte cinematografica, dalla sceneggiatura alle luci, dalla scenografia al montaggio, finché un giorno questa prese il sopravvento. Gianni colse al volo una fortunata occasione: entrò in una casa di produzione come aiuto operatore.
“Séraphin arrivava alla Burlière la domenica mattina e ci si chiudeva a doppia mandata. Il comignolo cominciava a fumare. Quando la cucina fu vuota e restarono solo le mura, il soffitto e il pavimento – e le macchie nere di quel sangue antico che formavano un po’ dovunque strani disegni -, aggredì le camere, gli sgabuzzini, i corridoi. Bruciò gli armadi, lo stipo del padre, le porte dei ripostigli”