Recital pianistico di Salvatore Barbatano

Recital pianistico di Salvatore Barbatano

Ho assistito venerdì 12 dicembre al recital pianistico di Salvatore Barbatano tenuto nella sala del Conservatorio Giovan Battista Pergolesi a Fermo, nell’ambito della stagione musicale del 2025 di Armonie della Sera. Il programma, bellissimo e ambizioso, era anche un po’ spericolato: le Dodici variazioni sul tema “Ah vous dirai-je, maman” di Wolfgang Amadeus Mozart K 265 (1781); la Sonata n. 14 “Al chiaro di luna”, quasi una fantasia per pianoforte, di Ludwig Van Beethoven op. 27 n. 2 (1801); e la Suite per pianoforte “Quadri di un’esposizione” di Modest Petrovič Musorgskij (1874).

Si tratta di tre brani straordinariamente belli e altrettanto famosi: l’indicazione della data di composizione è utile per giustificare i tre aggettivi da me utilizzati. Il programma sembra concepito per esprimere le qualità sonore e la straordinaria duttilità dello strumento pianistico anche attraverso la notorietà dei brani, che tutti gli amanti delle sale da concerto hanno ascoltato anche più di una volta; e illustrare le notevoli differenze nelle strutture compositive per pianoforte, sviluppatesi nell’arco di cento anni.

Il fatto che i brani siano noti è una condizione ideale per l’ascolto: consente di riflettere meglio sul contenuto, sulle intenzioni del compositore e persino sulle ambizioni dell’interprete. Proprio l’interprete, se affronta brani arcinoti, intende dire – o aggiungere – qualcosa di personale su un tema già affrontato da una schiera di musicisti, sulla sua bellezza e sulla qualità musicale. Ho definito il programma spericolato perché obbliga l’esecutore ad affrontare tre idee musicali-culturali e tre concezioni pianistiche differenti e lontane nel tempo.

La composizione mozartiana lascia (a me) immaginare lo sviluppo di un pensiero semplice ma complesso nello stesso tempo, attraverso una sonorità giocosa indirizzata in una prospettiva ancora abbastanza clavicembalistica; la sonata di Beethoven descrive una ricerca – come sempre fa questo artista – scavando nel proprio pensiero/azione per mezzo della versatilità dello strumento, dolcemente sereno o drammatico, che ai suoi tempi era ormai molto sperimentato; Musorgskij impetuoso e descrittivo propone immagini tratte dalla memoria, intrise di ricordi affettuosi, infantili o arcaici, con una tendenza fortemente impressionista.

Barbatano ha affrontato le sonorità mozartiane con grande attenzione nel mostrare la giocosità del tema, ovunque si presentasse un’eco infantile, e nel profondere quello spessore sonoro adatto ad esprimere la facilità e la libertà compositiva. In realtà, il tema popolare francese si accompagna ad una canzoncina che ha due versioni apparentemente differenti, ma intimamente simili: in una delle due, un bambino (bambina?) confida alla mamma di preferire le caramelle ai doveri imposti da papà; nell’altra versione una pastorella confida alla mamma di avere ceduto alle lusinghe sessuali di un giovane pastore. In conclusione, in senso della canzoncina è confidare a mamma che è preferibile il invece del dovere: molto mozartiano…  Personalmente ho apprezzato il fatto che Barbatano non avesse fretta e scegliesse di attendere gli istanti – anche stressissimi – necessari a ribadire un concetto sfuggente, magari un pensiero minuto scorto, attraverso l’inconscio, nella struttura musicale. Ho apprezzato, anche, il suo personale piacere di dialogare con gli ascoltatori, magari oscillando un po’ il capo, per ribadire con opportune sonorità le due note – della mano sinistra oppure della mano destra – introdotte nel semplice tema per bambini. 

Non c’è giovane allievo o aspirante pianista che non si sia confrontato con la sonata n. 14 di Beethoven: spesso solo il primo movimento, l’adagio sognante, perché sembra facile… però bisogna averlo pienamente nelle mani, quasi auspicando una scissione tra corpo (le mani) e psiche (il pensiero): a causa dell’idea sognante, si capisce. Si tratta di uno tra i più eclatanti esempi musicali, nei quali l’inconscio si palesa nei gesti dell’interprete; attraverso quella che Freud designava come comunicazione da inconscio a inconscio, si verifica una specie di corto circuito tra  la psiche degli ascoltatori e quella dell’interprete: i primi sono convinti che egli stia eseguendo ciò che pensano loro e il secondo si sente che essi stiano immaginando ciò che pensa lui ed in parte è anche vero… Per superare i facili infingimenti, bisogna che la tecnica sia perfetta e il respiro giusto ed è bello discutere, quando si padroneggia un argomento, con qualcuno che ne abbia almeno una minima conoscenza.

Leggendo qua e là abbiamo appreso che Beethoven dedicò il brano alla sua allieva prediletta, di cui era innamorato: che si tratti di una fantasia piena di sentimento è l’unica cosa (o quasi) che l’ascoltatore percepisce attraverso l’adagio sognante con la sua atmosfera meditativa quasi notturna. Barbatano l’ha eseguito con emozione e convinzione, credo, coltivando un pensiero proprio con la tranquilla attesa che gli armonici nella sala vibrassero quanto basta, senza cedere alla tentazione di un eccessivo romanticismo. Il secondo movimento, pieno di brio tranquillo, rappresenta – per me – la preparazione e la predisposizione ad un incontro di allegra sensualità: Barbatano lo ha reso nel ritmo necessario resistendo alla tentazione del rallentamento e dell’andamento zoppicante per sfociare, infine con ceorenza, nell’accelerazione piena di entusiasmo e sofferenza del terzo movimento, che esprime l’emozione di un innamorato nell’attesadurante la quale il piacere del desiderio si somma al dubbio. Il terzo movimento è intenso e appassionato ed è stato reso con il vigore espressivo e il volume sonoro adeguato, senza l’urgenza di finire troppo in fretta o la voglia di correre: il tempo domina inevitabilmente, ma costante si rende la percezione delle sonorità necessarie.

“Quadri di un’esposizione” di Modest Musorgskij è un brano dalla straordinaria architettura; a me sembra la sovrapposizione o l’intreccio tra due composizioni quasi autonome: un tema con variazioni (la promenade) e una suite di musiche a programma (i dieci episodi). La composizione nacque a partire da una mostra allestita per commemorare il pittore Viktor Hartmann, morto improvvisamente. I due amici erano accomunati dalla stessa volontà di rivalutare – ciascuno nel proprio ambito – la cultura contadina e arcaica del popolo russo, sottraendosi alle indicazioni istituzionali di una moda occidentalizzante. La qualità innovativa e rivoluzionaria del lavoro di Musorgskij traspare da ogni parte, così tanto che per molto tempo venne svalutata e persino “corretta” dai composituori suoi contemporanei: nei “Quadri” fanno capolino e, talora, addirittura esplono gli elementi ritmici e melodici dei materiali etnici russi, ai quali fanno riferimento sia i dipinti di Hartmann sia le composizioni di Musorgskij. Il musicista, quasi isolato per l’ostinazione a perseguire le proprie ideee compositive, mirava ad esiti radicali più di quanto riuscissero a tollerare i suoi colleghi, nel disegno ideale di una musica nazionale, libera dagli influssi accademici. 

Barbatano ha restituito agli ascoltatori le atmosfere così particolari di cui è ricca questa musica, dentro alla quale si celano le storie della cultura russa le medesime che si leggono, ad esempio, nella raccolta “Veglie nella fattoria presso Dikanka” di Nikolaj Gogol; vi ha profuso energia ed intensità musicali ricche di tensioni e di emozioni intrecciate. In questa lunghissima suite (circa trentacinque minuti) il pianista ha illustrato le qualità tecniche ed espressive che gli appartengono, la sua notevole potenza e l’importante capacità percettiva. 

 

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