Teatro, Musica e Letteratura in provincia

Teatro, Musica e Letteratura in provincia

In un mondo in cui tutto è già stato detto e viene anche continuamente ripetuto, conserva forse qualche significato il tentativo di parlare ancora? Noi crediamo di sì e per sostenere questo convincimento ci rassicuriamo, memorizzando alcune frasi emblematiche che maestri, antichi e moderni, hanno suggerito: “Non cadere nel saputo e nella noia, ma va alla ricerca dei principi primi” e “appropriati del linguaggio colto”.

Perciò ogni qual volta si renda possibile, dopo avere assistito ad esibizioni artistiche, avere letto  libri o ascoltato nuovi cd, cerchiamo di esprimere il nostro parere attraverso un ragionamento.

Oggi, vincendo una certa pigrizia stagionale, parlerei di tre espressioni artistiche relative al passato, al presente e al futuro.

“Il signor Bonaventura”, saggio finale del corso di Teatro del Comune di Morrovalle (30 giugno 2011).

Il Comune di Morrovalle impegna una piccolissima parte delle proprie risorse per alimentare l’amore verso il teatro, la sua comprensione e la sua fruizione attraverso questi corsi che, da dieci anni, ogni anno accolgono una decina di iscritti ben seguiti e stimolati.

Che l’attività teatrale stia a fondamento dell’educazione individuale e sociale e della coscienza civica non è scoperta degli ultimi anni, ma insegnamento che ci viene dalla più grande cultura democratica mai esistita: quella ateniese del VI e V secolo (l’età dell’oro). Ed era tale la consapevolezza – dell’influenza positiva del teatro sulla morale e sulla solidarietà civile ed umana – che la Polis arrivava a pagare i cittadini (!) affinché partecipassero alle feste teatrali. L’enorme coinvolgimento è attestato dalle dimensioni e dalle posizioni geografiche dei teatri greci, capaci di accogliere migliaia di persone: come se tutti i cittadini di un intero comune si recassero a teatro (cosa che in certi frangenti accade, come a Morrovalle nella rievocazione storico-fantastica di Guarnerio). Ma torniamo al signor Bonaventura di Sergio Tofano.

L’azione si svolge nell’atelier (e dintorni) di madama Tuberosa, in cui lavorano la Piccinina, la Prima Lavorante e la Seconda Lavorante, mentre Bonaventura è il fattorino. Gli altri personaggi sono: il bellissimo Cecè, la contessa della Ciambella, il barone Partecipazio e la consorte.

Madama Tuberosa vuole creare un vestito vistosissimo (da vendere ad un prezzo altissimo) per la contessa della Ciambella che si accompagna al bellissimo Cecè; ma l’incredibile creazione viene casualmente ammirata anche dalla “moglie di mio marito barone Partecipazio” che pretende di averla a qualsiasi prezzo. In un tourbillon di azioni e parole in rima, lo svitato Bonaventura risolve il problema, sostituendosi al manichino: con l’abito indosso spaventa a morte la nobile coppia, che fugge via. Come ricompensa, il fortunato fattorino riceve in premio un Milione dalle mani del Bellissimo Cecè.

La pièce, breve e divertente, coinvolge il pubblico in virtù di caratteristiche semplici e azzeccate: la recitazione in rima e i giochi di parole; i movimenti corali ben adattati alla corporeità degli interpreti; la musica coerente e la cura dei costumi.

Queste componenti, che non per nulla risalgono alle origini del teatro, hanno la capacità di coinvolgere ed esaltare gli spettatori. “Défatti” – direbbe un critico che va per la maggiore – applausi a scena aperta sono scrosciati per apprezzare gli episodi nei quali si struttura la commedia; per tre in particolare: la perdita consecutiva di guanti, cappello e bastone da parte del bellissimo Cecè, aiutato da Bonaventura e dalla Piccinina; il gioco mimico della “Moglie di mio marito barone Partecipazio” durante la narcisistica esibizione canora del barone; la preparazione del fantasmagorico vestito di madama Tuberosa e delle tre aiutanti. Complimentandoci con il titolare del corso, e regista, Oberdan Cesanelli e con tutti gli attori – in particolare Liliana Ciccarelli, Marco Cusmano e Eva Del Monte – ci vogliamo augurare che la compagnia delle rane presenti lo spettacolo soprattutto nelle scuole dove, riteniamo, sarebbe capace di far apprezzare la magia del teatro. (www.compagniadellerane.it)

“Family Portrait” è un cd di musica pop registrato da una compagine musicale di sette artisti: Riccardo Mannucci (chitarre, toypiano, glockenspiel, seconda voce); Tommaso Lambertucci (tastiere, programmazioni);  David Lambertucci (batterie, programmazioni); Emma Lambertucci (voce); Lucia Sagretti (primo violino); Laura Tamburini (secondo violino); Paola Del Bianco (viola). Se ho scritto male i nomi o le qualifiche, la colpa è della scelta grafica per la copertina del cd, che presenta cinque brani: “Ritratti alieni” – il cui arrangiamento suscita l’idea della liquidità – si basa su due temi melodici sovrapposti e gioca proponendo un refrain di “suoni alieni” alternati alla linea melodica predominante affidata alla voce, che è accattivante ed evoca timbri infantili; la chiusura, sospesa, tende piacevolmente alla tonica. “La stagione nuova” è introdotta dagli archi e presenta ancora alcuni suoni “alieni” negli intermezzi delle strofe cantate; si percepiscono elementi evocativi di altri autori (che, per la mia ancestrale età, individuerei in Angelo Branduardi). In un passaggio si ha l’impressione di un bisticcio ritmico delle percussioni, con se stesse, mentre preparano il rientro della voce; la chiusa del brano ci sembra piuttosto troncata ed il testo un po’ “nonsense”.

“Silenzio” presenta un’introduzione strumentale prima ritmica e poi melodica. Il testo diviene ancora più “nonsense” rispetto ai precedenti, nel probabile tentativo di risultare evocativo. La ritmica delle percussioni è rigida e non si amalgama con la linea melodica degli archi, di intenzione un po’ barocca.

“Musica” presenta un’introduzione vocale ed un tema madrigalistico di stampo rinascimentale – che ci riporta alla mente una famosa composizione di Ottorino Respighi: “Antiche arie e danze per liuto”, basato su arie raccolte in manoscritti italiani quattro-cinquecenteschi –. Anche in questo caso  è evidente una contrapposizione ritmico-melodica; il timbro vocale si mantiene infantile tradendo, forse, una certa timidezza nell’esporsi; il testo punta ad essere “sempre più” evocativo. “Il mio posto” è introdotto da un tema ostinato che, forse, vuole lasciar intuire un malessere, successivamente suggerito anche dal testo, assolutamente retorico per eccesso di “nonsense”. Il secondo tema vocale, che potremmo definire una sorta di ritornello, echeggia una musica d’atmosfera abbastanza orecchiabile.

Nel complesso la ricerca melodica è arricchita e sostenuta dalla presenza degli archi; ci si affida molto alla voce, piuttosto interessante, ma seminascosta al riparo di un atteggiamento intimista. Si intuisce la volontà di ricercare una musicalità, dannunzianamente anche attraverso la scelta delle parole: il compromesso tra una intuizione poetica e una soluzione grammaticale semplificata induce, talora, a effetti di non senso discutibili. Gli arrangiamenti sono interessanti e dimostrano buone professionalità, nonostante qualche conflitto ritmico-melodico che andrebbe meglio risolto. (infofamilyportrai@gmail.com)

“Asino chi non legge” è una maratona di letture ideata e diretta da Oberdan Cesanelli che si svolge a Morrovalle (MC) dalle 21,30 dell’11 agosto alle 21,30 del 12 agosto, ininterrottamente. È alla seconda edizione e propone il tema del viaggio. Quando, lo scorso anno, ci parlarono dell’iniziativa, ne comprendemmo immediatamente il valore culturale e psicologico: ascoltar leggere, preparandosi a leggere, fornisce una bellissima emozione che si motiva nel confronto con gli altri, nell’apprezzamento della bellezza di testi conosciuti – ma più ancora se sconosciuti –, nel desiderio di proporsi.

Ne comprendemmo il valore anche perché ci ricordammo di quella sottile ansia che ci pervadeva quando, bambini delle classi elementari, attendevamo che il maestro scegliesse il nostro turno di lettura in mezzo a quello degli altri compagni di classe. Nonostante il timore della mortificazione, nascosta dietro l’angolo, la consolazione del confronto ed il senso di appartenenza al gruppo erano tonificanti. Meno belle risultavano, invece, le esibizioni da scimmie ammaestrate delle poesie di Natale in piedi, sulla sedia, davanti a parenti e amici che avrebbero applaudito comunque a dispetto di qualsiasi esitazione, ma non si sarebbero mai misurati con noi, lasciandoci soli con il tormento dell’errore o del non essere stati all’altezza. C’è infine, in questo contesto, la magia della lettura a voce alta, che illumina di significati inaspettati frasi mille volte ripetute e rimaste incomprensibili ad una lettura mentale… (www.comune.morrovalle.mc.it)

pietrodesantis

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