Tolo tolo

Tolo tolo

Checco Zalone parla dell’italiano medio, l’italiano di cui ci si vergogna perché si teme di assomigliarvi: chi ricorda la cosiddetta commedia all’italiana a sfondo sociale, che per decenni ha descritto il nostro paese attraverso la cinematografia grottesca di Alberto Sordi e del primo Carlo Verdone, si può qui specchiare nell’individuo “stressato” dal lavoro e dalle tasse e “angosciato” dalla nuova lista di preoccupazioni e perplessità suscitate – anche ad arte – dalla vista dell’uomo nero e dai fatti di una cronaca recentissima che molto fa riferimento all’immigrazione e agli sbarchi che lederebbero la sovranità nazionale. In questi contesti si inserisce l’ironia caustica che, irrispettosa e politicamente scorretta, propone crudamente il senso della realtà, ma sa anche toccare gli aspetti poetici di un film da oscar quale “la vita è bella”: ad esempio già il titolo porta un valore affettivo.

La pellicola descrive la storia – dell’immigrazione alla rovescia – di un italiano che tenta di ri-entrare in Italia, partendo dall’Africa, nel modo alternativo scelto comunemente da loro i neri: attraversare il deserto per imbarcarsi su di una barcaccia scasata al costo di tremila dollari…  La vicenda, complessa nella quantità degli episodi narrati, è tuttavia semplice nella sintesi: un giovanotto sognatore, nativo del sud Italia, fallito il tentativo di arricchirsi con un ristorante di sushi nel paese di Spinazzola, Puglia profonda, illuso di riuscire a far fronte agli oneri bancari e fiscali, fugge in Africa per cercare lavoro. In quel meraviglioso paese, in cui gli imprenditori stranieri esportano e ricercano i propri agi, si manifestano anche nuovi disagi, sottoforma di guerre per la gestione di territori e ricchezze; di sequestri a scopo di riscatto; di corruzione e violenze di ogni possibile natura.

Le vicissitudini che si susseguono – del tutto realistiche e a prova di cronaca – obbligano il protagonista a fuggire da un sud ricco verso un nord desertico e corrotto, traversando lande desolate e pericolose per riuscire ad imbarcarsi su di una carretta del mare e approdare in Italia, terra dei sogni. Gli avvenimenti, scanditi dalle pagine dei giornali o dai telegiornali – attraverso le cronache dei due simpatici Massimo Giletti ed Enrico Mentana nella parte di se stessi –, sono drammatici ma conditi in salsa “la vita è bella”, tant’è che il filo conduttore consiste nella paradossale e perpetua ricerca di una crema per il viso all’acido ialuronico, status symbol e bene essenziale per quel tipo di italiano egoista, superficiale, indifferente agli altri e concentrato su di sé.

Ci ha gradevolmente colpito la qualità della sceneggiatura – di Checco Zalone e di un validissimo e coraggioso Paolo Virzì – efficace e coerente in un susseguirsi di episodi caotici che avrebbe potuto produrre un’insalatona incongrua e volgare.

In questa salsa concettualmente etica il protagonista, autore e regista Zalone esibisce un apparente disimpegno che punta a cogliere, attraverso la comicità, gli strumenti per svelare le piaghe dell’ignoranza, dell’egocentrismo e dell’indifferenza attraverso la spudoratezza dell’intelligenza e delle qualità artistiche.

Assolutamente consci dell’inconscio sociale nel quale siamo sommersi, la mente ci rammenta l’espressione che caratterizzava un amico di tanto tempo fa: “non per capriccio né per privilegio”. Veniva pronunciata a giustificazione di qualche comportamento non proprio altruistico dell’italiano medio, secolarmente mosso dal capriccio e dal privilegio: ottenere denaro non sudato; lasciare sempre agli altri il compito più faticoso.

Il protagonista del film sembra esigere che il mondo si pieghi alle sue necessità, che si tratti di acido ialuronico oppure di un panino al prosciutto, indifferente a tutto e a tutti a parte “la figa”: la canzone della figa dell’Africa ne è l’inno impudico e geniale… “purché non tocchino i nostri soldi” sentivamo dire tempo fa in ambienti (pur)troppo vicini a noi…

L’ironia del film è contagiosa: dalla definizione della malattia del fascismo che colpisce soprattutto sotto il sole cocente, alla contraffazione delle griffe opera degli italiani; dalla richiesta di sbarco a Portofino, agli insulti riservati ai naufraghi; dalla danza acquatica alla Esther Williams dei naufraghi che cantano felici dopo che un’onda ha rovesciato la barca in avaria, alla canzoncina della cicogna strabica che fa nascere i bambini anche in Africa; per finire con il richiedente asilo che si tuffa in mare dalla nave ong per pescare un polpo da cucinare alla piastra…

Gli attori sono bravi e la comicità non è gratuita. E’ intelligente la scelta musicale di Zalone sia delle canzonette “storiche” sia delle composizioni originali con i testi rigorosamente in rima.

PietroDeSantis

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