West side story a Santa Cecilia

West side story a Santa Cecilia

West Side Story (debutto a Broadway, 1957) è una delle più belle opere musicali mai scritte e probabilmente il musical più famoso e celebrato del ‘900; ripropone la vicenda di Giulietta e Romeo trasportandola in un quartiere di New York (Upper west side) con il libretto di Arthur Laurents, i dialoghi di Stephen Sondheim, la musica straordinaria di Leonard Bernstein. Il musical nella versione originale ebbe un grande successo di critica e pubblico e rimase in scena a Broadway per 732 repliche, prima di imbarcarsi in un lungo tour statunitense. L’anno successivo debuttò a Londra, dove rimase in scena per 1038 repliche. Da allora il musical ha goduto di un grande successo anche in produzioni internazionali, consolidato dall’omonimo film che, candidato ad undici Oscar, ne vinse dieci.La vicenda ben si adatta alla dinamica sociale degli anni ’50 – che prelude ai movimenti per i diritti umani degli anni ’60 – pur rispettando quasi esattamente la successione delle scene proposte da Shakespeare: al posto dei contrasti tra Capuleti e Montecchi, c’è la rivalità tra le bande giovanili degli Sharks, portoricani, e dei Jets, bianchi emarginati.

L’Accademia di Santa Cecilia ha scelto di aprire la propria stagione sinfonica proponendo il musical, in occasione del centenario della nascita di Leonard Bernstein (25 agosto 1918).

La versione, in forma semi scenica, è ridotta rispetto all’originale: sono eliminati alcuni personaggi (conseguentemente mancano alcuni dialoghi); qualche aria e, ovviamente, le azioni coreografiche sono ridotte al minimo e sono aboliti i balletti. L’adattamento lascia comunque credibile la coerenza drammatica – anche grazie ai sottotitoli proiettati su di uno schermo – eccezion fatta per una certa confusione del finale.

Si può sintetizzare la vicenda – risultante nell’adattamento – attraverso alcuni passaggi fondamentali. Due bande rivali difendono la propria zona (quasi fosse la patria, alla maniera dei Ragazzi della via Pal) in un clima di intolleranza etnica. La questione assume aspetti ottusamente feroci tanto da sfociare in frequenti per quanto simboliche violenze.

Tony (Alek Shrader) ex componente della banda dei Jets e amico del capo Riff (Mark Stone), di cui cerca di moderare i toni, vuole restare fuori dalle tensioni di quartiere: ma nel locale da ballo, dove le due bande si confrontano esibizionisticamente, incontra casualmente Maria (Nadine Sierra) sorella di Bernardo (Andrea D’Amelio) leader degli Sharks.

I due si piacciono istantaneamente.

Bernardo si accorge della cosa e conduce a casa la sorella, promessa in sposa all’amico Chino: sulla scala antincendio Tony e Maria si giurano amore per sempre e si danno appuntamento per l’indomani all’uscita del negozio dove lavora Maria.

Al ballo nel frattempo Anita (Tia Architto), Rosalia (Aigul Akhmetshina) e le ragazze Sharks parlano della terra d’origine: Rosalia ha nostalgia di Portorico mentre Anita esalta l’America paese che, a dispetto degli scontri interetnici, è in grado di accogliere chiunque.

Aumentano le tensioni tra Jets e Sharks, che vogliono arrivare ad una resa di conti per vendicare offese ed intolleranze. Riff chiede aiuto a Tony per fronteggiare i rivali: il giovane accetta solo per lealtà all’amicizia che li lega.

Maria in negozio è gioiosa per la prospettiva di incontrare il suo innamorato. La felicità si guasta quando Anita le rivela vi sarà uno scontro; quando Tony arriva, Maria lo supplica di non lottare e il ragazzo accetta. I due si distraggono fantasticando di sposarsi.

Tony, Maria, Anita, Bernardo, Riff e le due bande si preparano per la serata.

Jets e Sharks si incontrano e Bernardo e Riff cominciano a combattersi con il coltello; Tony interviene nel tentativo di separarli, ma consente inavvertitamente a Bernardo di ferire a morte Riff e, sconvolto, in un impeto di rabbia uccide Bernardo.

Le sirene della polizia mettono in fuga tutti i contendenti tranne Tony, immobile davanti ai due giovani.

Nella successiva scena Maria, ignara dell’accaduto, canta la sua felicità alle amiche Rosalia, Consuelo (Francesca Calò) e Francisca (Marta Vulpi). Arriva la notizia che Tony ha ucciso Bernardo: Maria è sconvolta, ma non riesce ad odiarlo. I due si incontrano, si parlano, sognano un mondo in cui poter stare in pace e progettano di fuggire insieme.

L’agente Krupke (interpretato simpaticamente allo stesso Pappano) insegue Action (Andrea Giovannini) e Baby John (Kris Belligh), ma i ragazzi riescono a scappare e deridono lui e gli altri adulti che non riescono a capire.

A questo punto appare sullo schermo la scritta che Anita, per vendicarsi, accusa Chino di avere sparato a Maria: non se ne coglie il senso.

Tony va incontro a Maria, ma prima che i due possano abbracciarsi Chino spara al ragazzo: il colpo di pistola (incluso nella partitura) echeggia significativamente nell’aria.

Tony muore tra le braccia di Maria che ne difende il corpo da amici e nemici: intona un’ultima volta la bellissima aria Somewhere. Buio in sala, la musica si interrompe, applausi del pubblico.

Anche se il musical originale ha un finale più elaborato, questa conclusione tronca ha la sua efficacia che ricorda la vertigine di Bohème, ma troppa fretta ha Pappano di fuggire via dal podio per evitare applausi anticipati ed uscire con tutta la compagnia come si fa nei teatri dell’opera.

Ci è sembrato che arie e brani orchestrali siano tutti inclusi nell’adattamento: certamente i grandi capolavori del musical come Somewhere, Maria, Tonight, America, I Feel Pretty, Somewhere, Something’s Coming (anche Gee, Officer Krupke che personalmente trovo divertente e significativo).

Il musical trae forza dalla cristallina bellezza della vicenda d’amore e dalla straordinaria qualità artistica: l’emozione degli spettatori è sostenuta anche dall’aderenza delle invenzioni musicali alla società che viene descritta. Bernstein è riuscito ad amalgamare ritmi classici e moderni, atmosfere popolari e colte, strizzando l’occhio all’atonalità in modo accattivante e sapendo cogliere i momenti adatti della sceneggiatura e del testo ove proporla: romantico, sognante, ironico, allegro, drammatico tutto il campionario delle sfumature è presente nei temi musicali e nell’orchestrazione, che si affida ad uno straordinario organico orchestrale, ricchissimo, la cui una parte fondamentale è affidata alle percussioni.

Gli interpreti ci sono piaciuti in generale: abbiamo notato l’impostazione lirica della protagonista femminile Nadine Sierra e la voce leggera (molto adatta al musical) del protagonista maschile Alec Shrader; accattivante la vocalità di Tia Architto (Anita) e morbide quelle di Aigul Akhmetshina (Rosalia) e di Marta Vulpi (Francisca); piena di espressività la voce di Francesca (Calò (Consuelo); divertente il duo di Andrea Giovannini e Kris Belligh in Officer Krupke. Il coro diretto da Ciro Visco è stato ben all’altezza dell’impegno. Ci piace molto la direzione di Antonio Pappano, coinvolto e disinibito ad un tempo, capace di trascinare i musicisti ed il pubblico in un abbandono artistico quasi terapeutico.

West Side Story fu uno dei tentativi di dare un fondamento artistico elevato al genere più popolare e originale del teatro americano, cioè il musical. Bernstein, nelle popolarissime trasmissioni televisive di divulgazione (riproposte anni fa dalla televisione italiana in tarda notte), aveva più di una volta tracciato un parallelo tra la situazione americana del suo tempo e il teatro tedesco prima della Zauberflöte; il suo West Side Story rappresentò a tutti gli effetti un fatto nuovo per lo stile di Broadway portando sul palcoscenico ambienti volgari e degradati, scene di violenza e un finale tragico. La sua musica non si accontenta di suggerire il commento alle varie situazioni, ma offre un tessuto di riferimenti, indaga nel carattere dei personaggi, lega una scena all’altra. Proprio per accentuare il legame con il genere popolare, la musica è pensata per voci non impostate, fatta eccezione per i due protagonisti: nella produzione dell’Accademia di Santa Cecilia predominano però le voci liriche, che sono anche un patrimonio del suo organico. Sottostante a tutto Bernstein è riuscito ad inserire un ritratto ritmico e sonoro della onnipresente New York amata e odiata; soprattutto desiderata. (pietrodesantis)

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