Il Flauto magico alla ROH

Il Flauto magico alla ROH

Abbiamo assistito alla rappresentazione del Flauto Magico di Mozart, messo in scena alla Royal Opera House (ROH) di Londra. Il fatto corrisponde a realtà: non abbiamo preso un aereo né ci siamo allontanati da casa se non per qualche centinaio di metri… l’affermazione non è poi così eclatante in quanto, già da alcuni anni, esiste un accordo tra la prestigiosa istituzione inglese – che gestisce anche un canale Youtube (Royal Opera House Youtube Channel) – e svariate società di distribuzione cinematografica operanti in diversi paesi del mondo, per la trasmissione in diretta digitale della stagione operistica e di balletti.

Ma la notizia rilevante riguarda l’ottima qualità delle immagini e della riproduzione sonora: fatti, questi, che rendono lo spettacolo assolutamente godibile e – pur se mancante dei timbri teatrali, dei rumori e degli odori tipici – regala l’impressione di partecipare insieme agli altri spettatori presenti lì a Londra.

Entrano a far parte dello spettacolo, inoltre, presentazioni e commenti dati dal foyer e le piccole interviste preregistrate, mandate durante l’intervallo tra il primo ed il secondo atto ad esclusivo beneficio delle sale cinematografiche; nonché i twitters degli spettatori collegati al sito del teatro tramite un’app(licazione) scaricabile negli smartphones (ossia, i telefoni intelligenti): provo un po’ di ribrezzo nell’utilizzare quella terminologia.

La suddetta ottima qualità di immagini e di suoni consente di formulare alcuni giudizi di massima sull’operazione in sé, sulla qualità della messa in scena dell’opera nonché sulle altre parti non operistiche, incluse dello spettacolo trasmesso.

Troviamo l’idea della trasmissione digitale nelle sale cinematografiche eccellente: la qualità tecnica ed il grande schermo permettono una godibilità elevata ma, soprattutto, consentono di seguire quasi “dal vivo” spettacoli cui non sarebbe possibile assistere in altro modo (es. il balletto dedicato al centenario della nascita di Leonard Bernstein, in cartellone il 27 marzo 2018); oppure ammirare cast altrimenti improponibili, anche per coloro che possano permettersi i costosissimi biglietti nei teatri dell’opera delle proprie città (es. il  Macbeth del 4 aprile 2018, i cui protagonisti sono Anna Netrebko e Ildebrando D’Arcangelo).

Presentazioni, interviste e piccoli filmati, il cui scopo è introdurre lo spettatore meno avvisato allo spettacolo, sono abbastanza utili, talvolta noiosi: fanno respirare però, un po’, l’atmosfera del foyer – importante quasi come l’opera stessa – ed accompagnano gli intervalli abbastanza lunghi cinematograficamente – tra due atti successivi.

Elenchiamo tutti coloro che hanno contribuito all’allestimento de Il flauto magico messo in scena mercoledì 20 settembre:

–          la Musica è di Wolfgang Amadeus Mozart

–          il Libretto è di Emanuel Schikaneder

–          la Regia è di David McVicar

–          le Scene sono di John Macfarlane

–          Architetture Luminose e Luci di Paule Constable

–          Coreografie di Leah Hausman

–          Direzione d’Orchestra, Julia Jones

–          Pamina, Siobhan Stagg

–          Tamino, Mauro Peter

–          Papageno, Roderick Williams

–          Sarastro, Mika Kares

–          Regina della Notte, Sabine Devieilhe

–          La Prima Dama, Rebecca Evans

–          La Seconda Dama, Angela Simkin

–          La Terza Dama, Susan Platts

–          Monostatos, Peter Bronder

–          Papagena, Christina Gansch

–          Oratore del Tempio, Darren Jeffery

–          Primo Sacerdote, Harry Nicoll

–          Secondo Sacerdote, Donald Maxwell

–          Primo Armigero, Thomas Atkins

–          Secondo Armigero, Simon Shibambu

–          Coro della Royal Opera House, Direttore Vasko Vassilev

–          Orchestra della Royal Opera House.

Anche se è universalmente conosciuto, raccontiamo il contenuto del libretto di Schikaneder.

Il principe Tamino, perdutosi in un bosco, viene minacciato da un serpente gigantesco. Si tratta di una stregoneria della Regina della Notte: Tre Dame, inviate da lei, lo salvano e indugiano ad apprezzarne le belle membra, di cui volentieri approfitterebbero se non avessero ordini precisi: condurlo dalla loro padrona. Arriva Papageno, buffo personaggio vestito di piume che fa l’uccellatore (cioè cattura gli uccelli per rivenderli al mercato) attraendo i volatili con un flauto di Pan: si mette a vegliare Tamino, nella speranza di essere ricompensato, millantando di avere ucciso il dragone.

Le Tre Dame lo fanno tacere con un lucchetto sulla bocca e mostrano a Tamino il ritratto di una ragazza di grande bellezza; la Regina della notte, apparsa nel frattempo, chiede al principe di liberarla: si tratta di sua figlia, prigioniera nel castello di Sarastro. Tamino e Papageno si avviano: le Dame donano un flauto magico al principe e un Glockenspiel (una fila di campanelli intonati, azionati da una tastiera) a Papageno, cui vengono liberate le labbra; tre Fanciulli guidano verso il castello.

Il nero Monostatos, perfido e morboso, tiene prigioniera Pamina: arriva Papageno e, alla vista reciproca, i due strani personaggi si spaventano e scappano via. Papageno, ripreso coraggio, torna da Pamina informandola del principe Tamino; a sua volta viene rincuorato dall’auspicio che il cielo manderà anche lui una compagna.

Tamino è di fronte ai templi della Natura, della Ragione, della Sapienza. Da quest’ultimo un sacerdote gli chiede cosa stia cercando: amore e virtù, risponde. Il sacerdote annuncia Sarastro, maestro di saggezza, oscuro per chi non si lascia guidare dall’amicizia. Intanto Papageno, per sottrarsi a Monostatos, comincia a suonare il glockenspiel e scopre che ciò costringe i malvagi a danzare.

Sarastro fa il suo ingresso trionfale con un corteo di devoti. Spiega a Pamina il suo rifiuto di restituirla alla madre, superba e crudele. Anche Tamino è al cospetto di Sarastro: i due giovani si innamorano. Sarastro punisce Monostatos per la sua morbosità e libera Tamino, che dovrà superare tre prove per entrare nel regno della virtù.

Papageno e Tamino entrano nel vestibolo del Tempio della Saggezza, vengono privati di ogni cosa ed interrogati sui loro desideri: Tamino ambisce alla conoscenza e alla saggezza, Papageno ad una donna da amare. Dovranno affrontare alcune prove: la prima è l’obbligo del silenzio, qualunque cosa accada. Riappaiono le tre Dame per confonderli, ma Tamino non cede.

Monostatos si avvicina a Pamina, addormentata in un giardino: vorrebbe baciarla, ma è frustrato dall’arrivo della Regina della Notte, che va in collera nell’apprendere la conversione di Tamino, poiché ella non ha poteri contro Sarastro; consegna perciò a Pamina il pugnale per uccidere Sarastro, minacciando di maledirla.

Monostatos, forte della promessa ricevuta dalla Regina della Notte, tenta ancora di sedurre Pamina, ma giunge Sarastro: lo scaccia, ricordando che il saggio non cerca la vendetta, perché solo l’amore conduce alla felicità.

Prosegue il percorso iniziatico: a Papageno si rivolge una vecchina che gli dichiara amore ed afferma di avere “18 anni e due minuti” e l’uccellatore se ne dimostra schifato. I tre ragazzi sulla macchina volante restituiscono flauto magico e glockenspiel ed un po’ di cibo. Pamina vorrebbe parlare a Tamino, ma il giovane non può risponderle. Sopraffatta dal dolore, medita il suicidio ma viene consolata dai tre fanciulli. Papageno non resiste alla regola del silenzio: non potrà più godere delle gioie celesti, però gli viene concesso il piacere terreno di una coppa di vino rosso e dell’amore della vecchina… che si tramuta, però, nell’avvenente Papagena, che subito scompare.

Pamina accompagna Tamino nelle prove successive: i sotterranei del Tempio e la purificazione con l’Acqua, la Terra, l’Aria e il Fuoco. Il flauto magico ha un segreto, rivela Pamina: intagliato durante una tempesta da suo padre, Gran Maestro della Confraternita Solare; le sue note proteggono per mezzo di una piramide di energia, ed essi resistono alle forze scatenate su di loro e superano le prove.

Papageno è solo: vorrebbe impiccarsi ma, ancora, intervengono i tre fanciulli che lo esortano a suonare il glockenspiel: riappare Papagena, che lo consola con le parole e con il corpo.

La Regina della Notte, le tre Dame, e Monostatos, unitosi ad esse per uccidere Sarastro, precipitano negli abissi della terra: il bene ha sconfitto il male e la coppia di giovani Pamina e Tamino viene accolta nel Regno Solare.

Sarebbe necessario dilungarsi a ragionare sulla favola del Flauto magico, densa di citazioni e di allegorie, e sulla musica di Mozart, ma ci porterebbe troppo lontano; preferiamo rimanere allo spettacolo messo in scena.

La Regia di David McVicar, molto articolata, non è esente da pecche. Innanzitutto ha l’ossessione del polically correct: Monostatos è bianco (e imbruttito) e Papagena non entra truccata da vecchina, ma è una biondastra un po’ volgare; secondo noi non ci sono motivazioni di opportunità politica che giustifichino tali forzature contro le indicazioni del libretto. Altro appunto riguarda il siparietto piuttosto ampio concesso a Papageno al solo scopo di far divertire il pubblico: il regista  ha introdotto un personaggio pleonastico – una sorta di uccello Beep Beep che Papageno (nei panni di Vil Coyote) tenta inutilmente di catturare –; bisogna riconoscere, tuttavia, la grande bravura del burattinaio manovratore del finto volatile.

Le scene di John Macfarlane sono abbastanza semplici, come è giusto che sia: tutto dovrebbe essere di cartapesta nel flauto magico! Analogo apprezzamento va alle Architetture Luminose e alle Luci di Paule Constable e alle Coreografie di Leah Hausman.

Particolari complimenti vanno alla Direzione d’Orchestra, della validissima di Julia Jones: è la prima direttrice che abbiamo visto muoversi in gesti scarni e precisi e non mimando una sorta di danza classica con le braccia (come in tutte le altre precedenti nostre esperienze di direzioni femminili).

La voce di Pamina (Siobhan Stagg) è molto bella, ma la cantante risulta rigida nei movimenti; ragionamento simile vale anche per Tamino (Mauro Peter). Notevolissimo è Papageno (Roderick Williams, famosissimo baritono inglese, beniamino del pubblico) per la qualità della voce, la presenza scenica e la disinvoltura nei movimenti. Abbastanza imbalsamato Sarastro (Mika Kares), che risulta un po’ debole nella tessitura bassissima; la Regina della Notte (Sabine Devieilhe) ha bellissime note acute ma è debole nella tessitura centrale; le tre Dame (Rebecca Evans, Angela Simkin, Susan Platts) sono vocalmente brave, ma risultano poco sensuali per il ruolo loro riservato. Bravissimo Monostatos (Peter Bronder) così credibile nella sua malvagità, da ricevere prima una selva di fischi e poi applausi scroscianti alla ribalta finale. Papagena (Christina Gansch) è una bella ragazza, dalla bella voce, con la sensualità di un panino alla mortadella. Corretti, ma piuttosto rigidi (quasi impalati), i personaggi secondari: Oratore del Tempio (Darren Jeffery); Primo Sacerdote (Harry Nicoll); Secondo Sacerdote (Donald Maxwell); Primo Armigero (Thomas Atkins); Secondo Armigero (Simon Shibambu) ma crediamo che sia frutto di scelta registica. Non si comprende il motivo per cui non siano indicati i nomi dei tre fanciulli, importanti nella dinamica del flauto magico.

Notevolissimo il Coro della Royal Opera House, Diretto da Vasko Vassilev e splendida l’Orchestra della Royal Opera House. Nella provincia di Macerata i cinema convenzionati con la ROH sono: Giometti a Tolentino e Capitol a Civitanova Marche.

pietrodesantis

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