MODIGLIANI E L’ART NÈGRE: SIMBOLO, OPERE, TECNOLOGIA

MODIGLIANI E L’ART NÈGRE: SIMBOLO, OPERE, TECNOLOGIA

L’Istituto Modigliani ha presentato a Spoleto (pare in maniera stabile) un percorso alla scoperta delle influenze dell´arte sacra africana sull´opera di Modigliani: ciò si compì – come attestano i documenti storici – nella magica atmosfera della Parigi i primi anni del Novecento. La “casa” spoletina di Modigliani offre un’esperienza (realmente) suggestiva, capace di rendere  il visitatore partecipe delle emozioni provate dall’artista a contatto con l’arte parigina – che non lo soddisfaceva completamente, se non nella tecnica – e con l’arte sacra africana, che invece lo coinvolgeva spiritualmente. Il percorso offerto può aiutare a comprendere la genesi dell´estetica di uno dei più grandi artisti del ‘900.

Oltre alle opere ed alla vita di Modigliani, fruibile dal notevole materiale archivistico, si aggiunge l’apporto della tecnologia: quella applicata alla retroilluminazione, rivolta a favorire un approccio esperienziale e una più consapevole divulgazione.

La mostra ospita video realizzati con la tecnica del compositing (combinazione di elementi visivi provenienti da fonti separate in singole immagini) oltre a contenuti inediti realizzati in realtà virtuale, aumentata e mista. Un´immersione nella vita e nelle opere di Amedeo Modigliani e nel clima irripetibile della Parigi dei primi anni del ‘900, possibile soprattutto grazie alle spiegazioni fornite da un personale piuttosto competente.

Amedeo Modigliani è uno di quegli straordinari personaggi del mondo dell’arte, di cui tutti abbiamo l’erronea convinzione di conoscere qualcosa: sia questo il frutto di frammentarie notizie giornalistiche (i famosi ritrovamenti a Livorno); sia il fascino suscitato – come sempre – dalla vita intensa, felice/sfortunata, e dalla morte precoce (circa trentaseienne come Mozart).

Amedeo Modigliani aveva bisogno d’amore, darne e riceverne: oltre ad indubitabili qualità umane, possedeva il dono della bellezza e dell’arte ma – non invitata ai festeggiamenti per la sua nascita – la fata invidiosa lo condannò al peso della malattia.

Nacque a Livorno nel 1884, ebreo, per parte di padre originario di Roma e per parte di madre, di Marsiglia: i genitori erano atei.

Fu sempre fascinosamente riconoscente e disarmato di fronte alla generosità del mondo femminile: l’intraprendenza della madre impedì il tracollo economico della famiglia; la madre gli impartì una valida istruzione e, sempre grazie alla madre Eugène, di cui era (forse) il figlio preferito, Amedeo fu stimolato verso la passione per il disegno: riempiva pagine e pagine di schizzi e ritratti tra lo stupore dei parenti. Nonostante la povertà in cui era piombata la famiglia, durante un violento attacco febbrile dovuto alla tubercolosi, riuscì a ottenere dalla madre la promessa di lavorare nello studio di Guglielmo Micheli, allievo di Giovanni Fattori. Inizialmente, perciò, fu influenzato dal movimento dei Macchiaioli, in particolare dal Fattori e da Silvestro Lega.

La sua carriera fortunatissimamente sfortunata non poteva più fermarsi: dopo aver frequentato la “Scuola libera di Nudo” a Firenze nel 1903, si spostò a Venezia per accedere all’Istituto per le Belle Arti. Nel 1906 arrivò finalmente a Parigi, punto focale dell’avanguardia artistica. Sistematosi in una comune di artisti squattrinati a Montmartre, seguì dapprima la visione pittorica di Henri de Toulouse-Lautrec; ma il successivo contatto con Paul Cézanne modificò le sue concezioni.

Modigliani sviluppò uno stile personalissimo, originale, di un genio creativo contemporaneo capace di distinguersi nonostante le pressioni intellettuali degli altri straordinari movimenti artistici. Tutti coloro che posavano per lui, dicevano che essere ritratti da Modigliani era come “farsi spogliare l’anima”. Modigliani aveva iniziato la sua carriera pubblica pensandosi scultore: Paul Guillaume, mercante d’arte, lo presentò a Constantin Brâncuși e a Picasso. Lo stimolava l’arte nera a ispirazione sacra, i cui caratteri – osservati e studiati in una grande esposizione parigina – appaiono antichi, quasi egizi, piatti e vagamente ricordanti una maschera, con distintivi occhi a mandorla, bocche increspate, nasi storti e colli allungati. Una serie di sculture di Modigliani venne esposta con successo al Salone d’autunno del 1912. Ma ben presto dovette rinunciare perché le polveri compromettevano la sua salute; abbandonò la scultura e si concentrò unicamente sulla pittura.

Era amato dagli uomini e dalle donne; tutti desideravano essere ritratti: Chaïm Soutine, Beatrice Hastings, Moïse Kisling, Pablo Picasso, Diego Rivera, Juan Gris, Max Jacob, Blaise Cendrars, Jean Cocteau, Maurice Utrillo… Dalla ritrattistica principalmente concentrata sui volti, Modigliani passò ai ritratti con la figura completa svolta a spirale, ai nudi disegnati con una linea ondulata, che costituiscono le sue opere più tipiche.

Tutte le sue modelle furono amanti affezionate; ma egli ebbe particolarmente a cuore tre bellissime ragazze: Beatrice Hastings, scrittrice e giornalista; una prostituta sopranominata ‘La Quique’ (ritratta con il nome di ‘Elvira’); ma soprattutto Jeanne Hébuterne, giovane pittrice conosciuta nel 1917, dalla quale non si separò più.

Ebbe due figli: da Simone Thiroux, amante franco-canadese, Gerald (nato nel 1917 e morto nel 2004, sacerdote e parroco di Milly-la-Forêt, non lontano da Parigi); da Jeanne Hébuterne, ebbe una bambina che venne battezzata anch’essa Jeanne (Jeanne Modigliani, Nizza, 29 novembre 1918 – Parigi, 27 luglio 1984, storica dell’arte e saggista).

Nonostante fosse un artista prolifico, Modigliani riusciva a vendere solo qualche quadro e per pochi franchi: si racconta che una proprietaria d’osteria lo rifocillasse ogni volta in cambio di un disegno, più per tenerezza che per apprezzamento artistico; accumulate circa un centinaio di opere a matita, riuscì a disfarsene distruggendole, convinta non avessero valore…

Egli morì nell’ospedale per poveri (Hôpital de la Charité) all’alba del 24 gennaio 1920: gli amici organizzarono un grande funerale, cui parteciparono tutti i membri delle comunità artistiche di Montmartre e Montparnasse.

Jeanne Hébuterne, all’indomani della scomparsa di Amedeo, si suicidò: sono sepolti insieme nel cimitero del Père-Lachaise. La figlia di 20 mesi, Jeanne Modigliani, venne affidata alla nonna paterna Eugènie Garsin, che viveva a Livorno.

Oggi Modigliani – pur essendo sconosciuto artisticamente, poiché se ne apprezza solo l’apparente semplicità tecnica – è universalmente considerato uno dei più grandi artisti del XX secolo e le sue opere sono esposte nei maggiorni musei del mondo.

L’Istituto Amedeo Modigliani ha avviato un programma diretto a realizzare opere digitali fedeli agli originali nelle dimensioni e nel completo rispetto dei colori: ciò è possibile avendo acquisito le immagini in HD (nonché i diritti, da editori, collezionisti e musei nazionali ed internazionali). Tale progetto permetterà di conoscere l’intera produzione del grande artista: entro il 2020, in occasione delle Celebrazioni del Centenario della morte, l’Istituto Modigliani realizzerà tutte le 337 opere (riconosciute) del maestro livornese. Le opere digitali sono realizzate con l’uso di materiali sensibili alla luce e in grado di trasferire al visitatore l’esatto cromatismo dell’opera e lo spessore della pennellata. Il fine dichiarato è avvicinare i giovani all’arte, per qualificare e rendere emozionante e contemporanea la divulgazione culturale; tuttavia non sfugge la particolare appetibilità artistico / commerciale degli stilemi di Modigliani, del tutto lecita ed apprezzabilissima se coerente con le premesse.

Dal giugno 2017 la collezione Modlight dell’Istituto è visitabile all’interno della sede internazionale di Spoleto (Casa di Modigliani, piazza Fontana 3).

Non sono un critico d’arte ma, ciò nonostante, mi espongo a dichiarare i tre motivi per cui sono stato affascinato dall’artista: la sua capacità di cogliere l’essenziale del soggetto ritratto – l’anima – e di mostrarlo attraverso l’espressione e la maggiore (o minore) flessuosità del viso e del corpo; il rispetto (quasi) religioso verso la persona che egli si trova dinanzi; la straordinaria capacità di assorbire “il messaggio” delle visioni artistiche altrui, rendendolo proprio e straordinariamente originale (nei ritratti trovo, ad esempio, alcuni elementi del cubismo). Pietro De Santis

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