Isola grande Isola piccola (The Other language)

Isola grande Isola piccola (The Other language)

di Francesca Marciano, traduzione di Tiziana Lo Porto

Nella vita degli uomini interviene, talvolta, una deviazione “spontanea” degli uni verso gli altri, che li dirotta da una loro linea retta: deviazione casuale, nel tempo e nello spazio, che permette di incontrarsi. L’affermazione, rubata alla teoria atomica di Epicuro, è adattata ad Isola grande Isola piccola, ultimo libro di Francesca Marciano uscito in Italia per Bompiani, a quasi un anno dalla pubblicazione negli Stati Uniti dove è stato finalista al The Story Prize.

Le nove storie femminili narrate possono essere considerate alla stregua di piccoli studi di psicoanalisi del “cambiamento”, che utilizzano una tecnica “per immagini”, suggerita e giustificata dalla principale attività dell’Autrice, apprezzata sceneggiatrice cinematografica.

Afferma Gindro che «con la realtà del desiderio bisogna sempre fare i conti. Il desiderio è il “dato” ineliminabile della vita. Questo dato deve essere riconosciuto…» (Avventura del desiderio, 1997): questo riesce a fare Francesca Marciano con una sensibilità capace di descrivere, senza sentimentalismi, la vita, l’identità, il desiderio nelle tre età della donna,

Ho conosciuto Francesca Marciano nella maniera in cui si conoscono gli scrittori: cioè attraverso un libro. Il libro in questione è Isola grande Isola piccola, intorno al quale argomenteremo questa sera. Si tratta del quarto libro pubblicato dalla scrittrice, dopo: Cielo Scoperto, Casa Rossa e La fine delle buone maniere.

In genere, quando si sfoglia un libro, si valuta la qualità suggestiva di qualche particolare: il titolo; l’immagine di copertina; il commento in terza; qualche frase rubata tra le pagine… oppure si considera un parere, raccolto tra i conoscenti.

Nel caso di Isola grande Isola piccola la curiosità ha incontrato, per prima cosa, il fatto che l’autrice – romana – abbia scritto e pubblicato in lingua inglese; e che, pertanto, ciò che sfogliavo non era il testo originale ma la sua traduzione.

Inoltre la frase di dedica – di Derek Walton, poeta caraibico (Santa Lucia) premio Nobel per la letteratura nel 1992 – che in italiano suona pressappoco così: “cambiare lingua significa cambiare vita” – mentre sancisce un preciso valore pragmatico di adeguamento, è anche fortemente evocativa se si immagina di estenderla ad un contesto più vasto della lingua parlata; oppure se si inverte la successione delle frasi: cambiare vita significa, anche, cambiare lingua, o meglio: linguaggio.

Giocando con il termine “linguaggio”, ci si proietta verso spazi nuovi del cambiamento: modificare il linguaggio del corpo; arricchire il linguaggio verbale; coltivare il bagaglio dei gesti quotidiani; correggere lo stile nel vestire etc.; i cambiamenti – in questi svariati ambiti – coincidono con una “crisi” cui si legano una notevole attività psicologica, una maturazione culturale e, quasi sempre, una conciliante disponibilità corporea.

La presuntuosa curiosità del lettore, e lo psicoanalista fa parte di un sottogruppo particolarmente agguerrito, è sempre autorizzata a scorgere – nella pagina scritta, soprattutto se affascinante – significati simbolici legati alla cultura e metafore della vicenda personale dell’autore. Perciò ho cercato di cogliere, nelle note biografiche di Francesca Marciano, appigli alle ipotesi sul cambiamento, nei significati che ho esposto sopra; e conferme sembrano esserci: nella vivacità culturale e professionale dell’autrice; nella capacità e nel desiderio di cambiare luoghi di residenza, ambienti sociali, attività professionali; nella ricerca dei linguaggi espressivi adatti alla propria esigenza di comunicare.

Isola grande Isola piccola è una raccolta di nove racconti che, proponendo personaggi, luoghi, contesti e tempi diversi, sembrano legati da un ben preciso filo conduttore: l’inarrestabile azione del desiderio di piacere – che si propone sempre, a qualsiasi età ed in qualsiasi luogo – e la trasformazione esistenziale che tale desiderio comporta (utilizzo il termine “piacere” sia come sostantivo sia come verbo all’infinito).

A questo punto faccio un piccolo inciso sul concetto di desiderio, proponendo un pensiero di Sandro Gindro che sembra particolarmente affine ai contenuti del libro: «…Lo psicoanalista dovrebbe avere presente che il desiderio non è il risultato di una scelta, ma è un dato. Ci sono desideri di natura istintuale: nutrirsi, respirare, stare bene e provare piacere. Ci sono desideri rifiutati dalla coscienza, per ragioni morali o per altri fattori che li inibiscono. Ci sono desideri consapevolmente scelti.

Le radici degli uni come degli altri affondano comunque nell’inconscio e la loro accettazione o il loro rifiuto dipendono da cause che non è facile individuare: sta di fatto che vivere significa desiderare; ed ogni individuo ed ogni gruppo si trovano immersi in situazioni desideranti, che non dipendono direttamente dalla loro esplicita e consapevole volontà. Prima del desiderio c’è solo un altro desiderio.

Le razionalizzazioni sono un meschino tentativo di giustificare quello che non deve essere giustificato: se l’essere umano non desiderasse non riuscirebbe a sopravvivere. Con la realtà del desiderio bisogna sempre fare i conti. Il desiderio è il “dato” ineliminabile della vita. Questo dato deve essere riconosciuto, senza cercare fughe in distinzioni o catalogazioni. A ciascuno accade di sentirsi preda di desideri che non accetta, di fantasie che lo spaventano, ma neppure questi debbono essere negati. Il desiderio può essere educato e non necessariamente subito: qualcuno c’è riuscito con la preghiera, ma ci sono anche altre strade che possono essere percorse. L’uomo può condizionare i propri desideri e non farsi condizionare da questi. Nel meccanismo desiderante il desiderio trascende se stesso e si fonda altrove. Con questo altrove si può stabilire un rapporto dialettico……  L’analisi può, di qui in avanti, diventare “interminabile” per usare la terminologia freudiana soprattutto se si propone di interpretare e portare al loro significato originario tutti i desideri e le fantasie di un essere umano» (Avventura del desiderio, Psicoanalisi Contro, 1997).

Francesca descrive il mondo ed il desiderio esplicitamente e quasi esclusivamente da una prospettiva femminile (non femminista): gli altri, cioè gli uomini, sono osservati con profondo interesse e senza sentimentalismi. Gli uomini sono desiderati o possono suscitare rabbia, ma vengono comunque descritti in una tridimensionalità che non trascura la presenza dei loro desideri.

La vicenda del desiderio multiforme, nell’animo delle protagoniste, si presenta sotto varie sembianze: la scoperta della sessualità (L’altra lingua); la ricerca di un percorso professionale/esistenziale (Chanel); la scelta del “maschio” e l’analisi dei suoi comportamenti (Isola grande Isola piccola); la pretesa di essere sempre desiderata (La presenza dei maschi); il fascino distruttivo di un desiderio inconsapevole (Una serata indiana); la forza d’attrazione del corpo umano (La teoria dei quanti); il piacere del desiderio (Roman Romance); il piacere della recita sociale (Club); l’amorevole attesa di un rinnovato incontro con se stessi (Il sistema italiano).

La ricerca stilistica di Francesca Marciano è precisa e coerente; si colloca nell’alveo della grande novellistica nordamericana: personalmente la avvicino a John Cheever, nella capacità di descrivere, con pochi colpi di pennello, un carattere attraverso un gesto; una situazione attraverso alcuni riferimenti precisi, che poggiano su di una scelta linguistica particolarmente accurata. Nei suoi racconti, i giudizi di valore vengono lasciati al lettore, coinvolto nel ruolo di osservatore indiretto.

Questi caratteri stilistici sono certamente connessi all’attività cinematografica di Francesca Marciano: descrivere, attraverso immagini e gesti, per suggerire la visione dell’insieme. Il lavoro dello sceneggiatore – come tutti i lavori che hanno lo scopo di descrivere la vicenda umana – è vicino a quello psicoanalitico: ricostruire le manifestazioni dell’inconscio attraverso gesti e parole.

La letteratura e le opere d’arte in genere, esprimono da sempre i contenuti dell’inconscio e “l’avventura del desiderio”; la psicoanalisi se ne è appropriata, a partire dal suo fondatore Sigmund Freud.

Francesca Marciano mostra di possedere una certa capacità di analisi, dei contenuti dell’inconscio, soprattutto per ciò che riguarda la prospettiva femminile: in una intervista (sul portale taxidrivers.it) racconta: “Poi con Carlo, devo dire, – io che lavoro più spesso solo sui personaggi femminili (una condizione di lavoro che continuo a ritenere riduttiva e limitante, nonché sbagliata, per il nostro cinema, ma ormai questa è una condizione permanente e diffusa di lavoro nel cinema del nostro paese) – questa cosa mi pesa molto meno, perché davvero Carlo conosce bene le donne, le sa descrivere anche psicologicamente, ed allora con lui finisco per lavorare in un rapporto ed in un contesto assolutamente globale, anche paritario, che mi regala stimoli continui”

In Isola grande isola piccola mi preme rilevare alcuni di tali contenuti inconsci, che sembrano attinenti all’universo femminile e in merito ai quali si potrebbe ragionare insieme. Ne elenco alcuni: la perdita della verginità intesa come rito di passaggio; la ricerca dell’identità come processo estetico e, di conseguenza, sociale; l’ambiguità del desiderio nei confronti del maschio; l’intensità emotiva e consolatoria nel rapporto fisico; il disprezzo per il maschio privo di mistero; il bisogno di conservare e trasmettere la cultura.

Il maschio sembra rappresentare l’altro – tout court – per la donna che, da questo punto di vista sembra piuttosto categorica nella ricerca dell’Oscuro oggetto del desiderio. Ruolo carismatico è, invece, attribuito al maschio omosessuale che – proponendo una sensibilità “di confine” – interpreta, in qualche modo, il ruolo divinatorio di Tiresia, colui che svela e che sa proporre la scelta più opportuna.

Pietro De Santis

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