SCANDALO

SCANDALO

“Das Vermächtnis” di ARTHUR SCHNITZLER traduzione di Ippolito Pizzetti Teatro Eliseo

Arthur Schnitzler, provocatorio e secessionista come l’arte viennese di fine secolo, propone un quesito sociale: cosa accadrebbe ad una buona famiglia borghese, ricca di sentimenti e di affetti (quasi) trasparenti, qualora venisse coinvolta in uno scandalo? È nello spirito di Teorema di Pasolini che voglio leggere la proposta di Franco Però: cioè alla maniera di una domanda rivolta al pubblico e di un invito alla catarsi (cara ad Aristotele ed ai Tragici Greci).

In alternativa, la semplice osservazione dell’interno borghese, descritto dall’autore, mi parrebbe poco interessante – tanto per lo spettatore, quanto per il regista – datata e persino confusa.

Bisogna però delimitare il territorio narrativo, che ci proprone una famiglia borghese della Vienna fin du siècle (il testo è del 1898), capitale europea nel momento più alto della potenza culturale ed economica, dal quale iniziarono – anche – i grandi sconvolgimenti europei e mondiali.

La famiglia di cui sopra è importante, ricca e felice; è composta da un padre (Adolf Losatti – Franco Castellano) professore e deputato; da una madre (Betty – Ester Galazzi), e da tre figli (HugoFilippo Borghi; Franziska – Lara Komar; Lulu  – Alessio Bernardi); essa è dinamicamente infoltita dalla presenza di parenti importanti (la cognata, vedova, Emma WinterStefania Rocca; sua figlia AgnesFederica De Benedittis) nonché dall’amico di Hugo (Gustav Brander – Andrea Germani) e dal fidanzato di Franziska (il dottor Ferdinand Schmidt – Adriano Braidotti).

Il piacevole e chiassoso gruppo viene sconvolto da un incidente: una brutta caduta da cavallo riduce in fin di vita Hugo. Il giovane morente obbliga i genitori alla promessa di accogliere in casa il proprio figlio (Franz – Leon Klemendi) insieme alla madre, sua amante (Toni Weber – Astrid Meloni). Adolf Losatti tiene fede alla promessa con fatica, consapevole dello scandalo: tutti in città criticano la presenza di una poco di buono all’interno della famiglia tanto in vista e le casate più importanti di Vienna prendono le distanze rifiutando gli inviti o rinunciando agli incontri, accolti calorosamente solo poche settimane prima .

Il destino si accanisce: il piccolo Franz, centro degli affetti di tutta la famiglia, si ammala e muore e Toni Weber, perduti figlio e amante, si trova in una desolante situazione di estraneità rispetto alla famiglia Losatti. Con l’arrivo dell’estate, i preparativi per il trasferimento nella casa di campagna inducono Adolf – preoccupato per l’indebolimento della propria posizione sociale e spinto dalle insistenze del dottor Schmidt – a decidere di allontanare la donna, garantendole però una somma per la sopravvivenza.

A causa di questa decisione la famiglia esplode: Franziska, affezionata a Toni per amore fraterno, respinge duramente il medico Schmidt; la zia Emma, che si propone di accogliere Toni nella propria casa, si allontana dai Losatti epperò subisce il rifiuto della figlia Agnes, ostile verso la ragazza. Anche l’amico Gustav si allontana turbato da queste vicende. Toni fugge, lasciando un biglietto in cui dichiara la propria intenzione di sparire. Negli ultimi concitati momenti, Adolf Losatti si avvia verso la stazione di polizia per denunciare la scomparsa di Toni, sperando venga salvata ma, soprattutto, per lenire il peso della propria coscienza.

In una tale contingenza il pubblico tende a individuare buoni e cattivi: tra i primi annovera Toni (in quanto vittima), Franziska ed Emma per la loro generosità; tra i cattivi include Adolf Losatti ed il dottor Ferdinand Schmidt per la loro rigidità; in una posizione ambigua restano la madre Betty, la  cugina Agnes e l’amico Gustav che non vogliono prendere una posizione. Ma non è tutto oro quello che riluce: la zia Emma è stata l’amante incestuosa di Hugo e Franziska avrebbe desiderato una simile condizione, perciò si identificano con Toni; Agnes avrebbe voluto Hugo come fidanzato e il dottor Schmidt (fidanzato di Franziska) lo ha percepito come rivale: per questo mal tollerano la presenza di Toni. L’amico Gustav lascia intendere una passione segreta per Toni (che copre un desiderio omosessuale verso Hugo) e la madre Betty ambiguamente “ignora” ogni cosa: entrambi preferiscono evitare ogni presa di posizione. Adolf, castrato dalle ragioni sociali e dalle “troppe donne” (citazione dal testo teatrale), nonostante sia attratto dalla cognata Emma, mortifica i propri sensi e sceglie di non esporre i “panni sporchi”. D’altronde, nemmeno Hugo e Toni, apparenti vittime, sembrano esenti da colpe: il primo ha mantenuto “il piede in due staffe” vivendo due vite parallele – con la famiglia e con l’amante – che non avrebbero dovuto incontrarsi mai; la seconda ha gelosamente conservato una “estraneità” coerente in apparenza, ma ostile nei fatti. Nella famiglia Losatti le ragioni di scandalo  sono molteplici ma solo l’ultima di esse, cioè l’estraneità di Toni, lo fa esplodere.

L’elemento catartico dello spettacolo diviene evidente e conclamato e nel momento in cui Franziska respinge il dottor Schmidt scatta l’applauso liberatorio da parte del pubblico.

Il tema trattato richiede, però, un’ulteriore riflessione: solo in apparenza, esso, riguarda l’attualità politico-sociale delle “coppie irregolari”; piuttosto mette in dubbio la possibilità di amare ed accettare come “simile a sé” una persona estranea al proprio gruppo culturale o affettivo.

Sfido chiunque – non solo tra il pubblico presente giovedì sera – a dichiarare una tale disponibilità: il teorema di Schnitzler, adatto alla borghesia viennese di fine ‘800, potrebbe al giorno d’oggi sembrare di facile risoluzione, attribuendo a noi stessi una “superiorità” morale; ma adattando la questione al nostro mondo e immaginando, al posto di Toni, una badante immigrata, un transessuale, un carcerato, un malato cronico… uno, cioè, che non faccia parte della “nostra cerchia” il teorema si imbroglia. Ciò che è ammissibile per chi faccia parte della nostra cerchia non è tollerabile per un “estraneo”.

Abbiamo trovato ottima la regia di Franco Però; sobrie ed adatte le scene di Fiorentino raccolte intorno ad una dormeuse al centro della scena, nucleo nevralgico della storia: lì muore Hugo; lì si sdraia Emma; lì si poggia il bimbo che gioca o è malato. Interessante l’espediente di presentare in scena gli interpreti,  qualche istante istante prima dell’entrata nei dialoghi, in modo che gli spettatori siano più consapevoli e coinvolti.

Le musiche di Antonio Di Pofi corredano egregiamente l’azione scenica senza sopraffare e le luci di Pasquale Mari seguono attentamente i personaggi e l’evolversi del tempo e dei giorni.

La compagnia del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia è di grande qualità: superba ci è sembrata l’interpretazione di Franco Castellano, nel ruolo del paterfamilias imbelle con scatti di orgoglio velleitario, disegnato attraverso i cambi di tono, i silenzi, le esitazioni, le esplosioni della voce. Molto ci è piaciuta Stefania Rocca: conosce i tempi teatrali; è bella e credibile sia come pre-femminista determinata sia come seduttrice. Bravi tutti gli interpreti di un testo intenso ed interessante, il cui livello si avvicina ai classici del teatro del novecento. Scene, costumi, musiche, luci e movimenti emanano il profumo di un’epoca a suo modo rivoluzionaria e irrigidita: la Vienna di Freud e Klimt. (Pietro De Santis)

Regia di Franco Però; Scene di Armando Fiorentino; Costumi di Andrea Viotti; Luci di Pasquale Mari; Musiche di Antonio Di Pofi.

Personaggi e interpreti:

Adolf Losatti, professore di economia e deputato FRANCO CASTELLANO; Betty, nata Winter, sua moglie ESTER GALAZZI; Hugo, figlio, dottore in Giurisprudenza FILIPPO BORGHI; Franziska, figlia LARA KOMAR; Lulu, altro figlio ALESSIO BERNARDI; Emma Winter, vedova del defunto fratello di Betty STEFANIA ROCCA; Agnes, sua figlia FEDERICA DE BENEDITTIS; Toni Weber ASTRID MELONI; Franz, suo figlio LEON KELMENDI; Dottor Ferdinand Schmidt, medico ADRIANO BRAIDOTTI; Gustav Brander, scrivano ministeriale ANDREA GERMANI; Dottor Bernstein, medico RICCARDO MARANZANA;

assistente alla regia GIULIA CORROCHER; aiuto scenografo PLATON BARDHI; aiuto costumista ANNA MISSAGLIA; direttore di scena e macchinista PAOLO DE PAOLIS; capo elettricista ALESSANDRO MACORIGH; fonico BORUT VIDAU; attrezzista VALENTINA ZOGOVICH; sarta BENEDETTA SCHEPIS; direttore dell’allestimento PAOLO GIOVANAZZI; direttore di scena in allestimento MASSIMO TATARELLA; capo costruttore GIORGIO ZARDINI; la scena è stata costruita dai laboratori della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste e del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia; costumi COSTUMI D’ARTE SRL – ROMA; calzature POMPEI – ROMA; trasporti MENEGHELLO – PADOVA; tecnici d’allestimento macchinisti ALBERTO CASTELLACCI, CHRISTIAN CERNE; elettricisti MASSIMO CARLI, DAVIDE COMUZZI, GIANLUCA LA ROSA, ROBERTO STAREC; fonico CARLO TURETTA; foto di scena TOMMASO LE PERA; ufficio stampa ILARIA LUCARI

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