il Tradimenti di Harold Pinter

il Tradimenti di Harold Pinter

Harold Pinter è stato uno dei più grandi drammaturghi inglesi. Egli seguì, in un certo senso, la tradizione shakespeariana del palcoscenico, formandosi prima come attore e poi come autore. Il suo è un teatro di parola, che si colloca a metà strada tra la psicologia kantiana di Pirandello e quella intuizionista-surrealista di Ionesco o Beckett. Nei propri lavori Pinter esplora l’inconscio, protagonista principale sulla scena, attraverso le ripetizioni di parole o di situazioni e mediante la distribuzione degli stati d’animo tra i diversi personaggi che – individualmente – presentano una estensione unidimensionale.

I suoi testi possono perciò apparire superficiali allo spettatore distratto, in quanto non suscitano emozioni immediate e violente oppure laceranti contrasti interiori: per apprezzarli appieno è necessario munirsi di una sensibilità quasi “tattile” e cogliere le “increspature” che appaiono all’interno della dinamica dei dialoghi.

I lavori di Pinter descrivono l’ambivalenza dei sentimenti umani; la coesistenza di violenza e sensibilità nello stesso individuo; la natura fallibile e ingannevole della memoria; il mistero dell’animo femminile. Le dinamiche psicologiche sono ripetitive (come avviene nella realtà della vita) ed è il dialogo, che sostituisce gli intrecci di shakespeariana tradizione, il costruttore di atmosfere perturbanti. Nel 2005 l’autore ha ottenuto il premio Nobel per la letteratura.

Tradimenti (Betrayal, 1978) è un testo emblematico di quanto accennato: narra della relazione extraconiugale di Jerry ed Emma che si è protratta per sette anni a danno di Robert, marito di Emma e migliore amico di Jerry. La vicenda, sospinta sull’onda di una bi-logica alla Matte Blanco, è sintetizzabile nell’espressione “X tradisce Y”: Emma tradisce Robert (il proprio marito); Jerry tradisce Judith (la propria moglie); ma Emma tradisce anche Jerry (rivelando al marito la relazione); anche Robert tradisce Jerry (nascondendogli la propria consapevolezza). Inoltre Emma è, nel momento in cui inizia la vicenda (indagata a ritroso), amante di Casey, scrittore pubblicato da Robert ma scoperto da Jerry: quindi tradisce entrambi; e lo stesso Casey, giudicato disonesto da Jerry e Robert (che però guadagnano sui suoi lavori) e banale da lei (che lo seduce), è tradito da tutti e tre.

Per fortuna (dello spettatore) e bravura (del commediografo), la confusione (degli intrecci psicologici) si dipana progressivamente, attraverso il ricorso a flashback: la psicologica di ciascuno e la complessità della vicenda è costruita sulle successive combinazioni degli incontri tra i tre protagonisti, nei quali ciascuno esprime la propria realtà umana grazie alle intersezioni rapporti con gli altri due. La sovrapposizione dell’inconscio individuale con l’inconscio sociale scatena una dinamica interiore ripetitiva, il cui modulo si replica in ogni intervallo temporale rappresentato sul palcoscenico (e nella vita quotidiana).

Il testo si compone di nove scene che vogliono indurre lo “spettatore ideale” ad una catarsi capovolta: partendo da un incontro (1977) già successivo alla risoluzione del rapporto d’amore (1975) – ma rappresentato nella prima scena che è la più avanzata nel tempo – lo spettatore penderà progressivamente coscienza della vicenda, che si riavvolge fino ad arrivare al 1968: al momento, cioè, della dichiarazione d’amore di Jerry ad Emma, che coincide con il party per il matrimonio con Robert. Si esplora, assistendo alla ripetizione di parole e situazioni simili, una relazione di cinque anni consumata sessualmente in un appartamento affittato, nella finzione di una vera convivenza.

Quali personalità vengono rappresentate? Jerry sembra un narcisista superficiale, ma dotato di una sensibilità abbastanza profonda; Emma, una manipolatrice, vittima delle proprie manipolazioni; Robert, un opportunista dotato di senso pratico. Anche i personaggi satelliti, Judith e Casey sono importanti per la definizione del panorama psicologico e per la costruzione dei personaggi.

Vogliamo ora proporre la nostra interpretazione psicologica: nel trio, Emma ha la funzione di cardine tra Robert e Jerry; l’amore è profondo tra i due uomini e – come accade nella realtà – la difesa dall’omosessualità spinge i due “amanti” maschi alla realizzazione del rapporto fisico per tramite di una figura d’appoggio, moglie – madre – sorella che sia. E, difatti, il “tradimento” regge fino a quando i due maschi riescono a mantenere un rapporto esclusivo nel quale Emma resta esclusa. Ma dopo l’ennesimo rifiuto di Jerry di giocare a squash, Robert “disinveste” l’amico e confessa ad Emma di averla tradita con un’altra. Per la figura femminile il ruolo di “intermediario” tra due maschi che si amano è fortemente apprezzato: sancisce un potere (su entrambi), fatto di sesso e di manipolazioni. Il ridimensionamento del ruolo porta alla rinuncia: Emma si procura un nuovo amante (che ha valore per Robert e Jerry per motivi economici).

Confessiamo di avere optato per il Teatro Eliseo – nel conflitto sorto a causa della contemporaneità di più spettacoli interessanti – per due motivi assolutamente futili: l’affetto per la struttura, che abbiamo frequentato lungamente persino come protagonisti; e la curiosità di vedere sulla scena Ambra Angiolini (ex ragazzina impudica di “Non è la RAI”). Non siamo rimasti particolarmente soddisfatti nonostante l’interesse suscitato da Pinter: mentre i protagonisti maschili, Francesco Scianna (Jerry) e Francesco Biscione (Robert), ci sono parsi ben calati nei rispettivi personaggi, non abbiamo percepito quella personalità di Ambra, che eravamo pronti ad attribuirle. La figura di Emma risulta meno incisiva e meno cattiva del dovuto; i suoi tradimenti “sembrano” casuali e non costruiti con la determinazione necessaria. Ambra fa leva su di una bella fisicità “cinematografica” (da apprezzare a brevissima distanza), che in teatro non ottiene lo stesso risalto; invece toni della voce ed movimenti sono abbastanza monocordi. La regia di Michele Placido ci è sembrata piuttosto convenzionale (includendo anche i palpeggiamenti tra gli amanti); essenziale era la scenografia di Gianluca Amodio, adatti i costumi di Mariano Tufano e le luci di Giuseppe Filipponio; discrete (in tutti i sensi) le musiche originali di Luca D’Alberto.

pietro de santis

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