SOGNO DI UNA NOTTE (o un giorno) DI MEZZA ESTATE

SOGNO DI UNA NOTTE (o un giorno) DI MEZZA ESTATE

Il sogno estivo di tante persone – giovani e meno giovani – si concentra intorno alla fantasia di non far niente e di come realizzarla: lontani dalle incombenze di studio o di lavoro (per chi è incluso nelle categorie) il sogno di mezza estate approda verso isole lontane (che si raggiungono in pochissimo tempo), o montagne incontaminate (per lo più ingorgate di auto e buste di plastica); per chi non fa (più) parte di tali categorie, esso invece si consuma davati alla TV o ai giochi (video o d’azzardo).

Per me – e mi auguro anche per altri – il sogno di mezza estate è piuttosto orientato verso i libri da leggere, i luoghi da visitare, i progetti da fantasticare e (forse) realizzare: tutte cose che costano assai poco, anche meno dell’abbonamento alla televisione. Io vivo a Roma (per lo più) e la mia città, per quanto si stenti a crederlo, è uno dei luoghi meno visitati del mondo (per fortuna): sì, è vero che osservo dalla finestra della camera da letto le lunghe code di turisti che attendono di visitare i Musei Vaticani e la Cappella Sistina, ma basta spostarsi – che dico: duecento metri? – e ogni architettura, monumento, museo, chiesa, per quanto meravigliosi, appaiono vuoti e dimenticati. A cinquecento metri da casa mia c’è (ad esempio) la chiesina duecentesca di San Lazzaro, nella quale ogni pellegrino si fermava per la confessione prima di recarsi, così mondato, in San Pietro; e più vicino, solo a dueecento metri c’è il quattrocentesco casino di caccia papale dell’Antico Falcone (che, da almeno cento anni, ospita una trattoria popolare). Però mi sembra persino ridicolo menzionare lo splendido Museo di sculture e mosaici romani della Centrale Montermartini (promossa persino nel film “le fate ignoranti”) che nessuno conosce e che è stata visitata nell’ultimo mese da ben (udite, udite) cinque persone! Inutile raccontare in dettaglio cosa propongano questi tre luoghi avvolti nel mistero insondabile dell’ignoranza. A me basta ancora dire – per sottolineare una colpevole incapacità di guardarsi intorno – che una stradina sconosciuta pur se frequentatissima, il Vicolo della Gatta, affiancata ad un famosissimo palazzo ripreso per anni da tutti i telegiornali d’Italia e del mondo, deriva la propria denominazione da una scultura posta sul cornicione del secondo piano: si tratta di un gatto. “Naturalmente” è un marmo del quarto secolo a.C proveniente dall’Egitto.

Tornando all’argomento inziale, il mio sogno di mezz’estate spazia un po’ dovunque, dove tempo, voglia e denaro riescano a condurmi.

In una piacevolissima e costosa serata mi sono spinto a Spoleto per assistere allo spettacolo “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare, con la regia di Tim Robbins (premio Oscar per il film “Mystic River”) e la partecipazione degli attori della Actor’s Gang: se ne può leggere la presentazione su internet e si potrà comodamente assistere alla sua messa in scena – tra qualche tempo – sul canale televisivo RAI 5. Lo spettacolo, in lingua inglese, tradotto e sottotitolato in italiano, era bellissimo (ma assolutamente sprecato). Tutti (forse) ne conoscono la trama e sanno che, in un mondo surreale fatto di incantesimi e amanti stregati, la regina delle fate amoreggia con un asino. Il mondo è capovolto o forse semplicemente evidenzia – per mezzo di una maschera e grazie agli inganni della notte – il contenuto interiore dell’essere umano: voglio dire che l’asino di cui si innamora Titania potrebbe benissimo essere un uomo… La messa in scena – semplice e fantastica – era di un tale livello da suscitare l’impressione di trovarsi realmente dentro al bosco ed in mezzo a quelle figure, anche se sul palcoscenico non c’era scenografia o quasi. Le musiche, eseguite dal vivo, erano quelle originali (forse) e la regia sembrava opera dello stesso Shakespeare che, per mettere a soqquadro la “buona coscienza” dei cittadini londinesi, ha voluto illuminarne trasversalmente la realtà interiore, piena di una confusione da cui scaturiscono comportamenti scandalosi e selvaggiamente divertenti.

Perché si è trattato di uno spettacolo sprecato, dunque? Per la tortura cui erano costretti gli spettatori a causa dell’avidità degli organizzatori: le poltrone anguste della Chiesa sconsacrata di San Nicolò non consentivano una posizione comoda ed il sovraffollamento (vabbé, si trattava della prima…) di cinquecento persone accalcate in un luogo che ne può contenere trecento (dico numeri a caso…) aveva innalzato la temperatura del luogo a quaranta gradi e l’umidità al 90% tanto da indurci a “sognare” sempre più insistentemente la fuga. E fuga è stata: siamo approdati alla frescura notturna di mezza notte (erano realmente le 24 di giovedì 26 giugno) al bar del Tric Trac, nella piazza del Duomo per bere una cosa ed ammirare serenamente lo stupendo spettacolo del Duomo di Spoleto (iniziato nel 1067 e terminato nel 1207).

Uno spettacolo altrettanto bello – e gratuito! – ci è stato offerto dall’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali in Piazza del Campidoglio a Roma il 17 luglio, a margine di un progetto per la giustizia minorile: si trattava di un concerto per pianoforte e della fiaba di Cenerentola.

Spesso i nostri giovani sono tanti “Cenerentola”: sporchi, stracciati, incolti, nascondono la loro poesia tra le ceneri di un’educazione sbagliata o prepotente ed hanno bisogno di un miracolo, di una fata, che inventi – o sciolga – un incantesimo.

“Un pianoforte per Cenerentola” è il titolo del recital, che ha proposto il testo di Charles Perrault, nella traduzione di Carlo Collodi, e la musica di Sergej Prokof’ev. Interpreti: Orazio Maione al pianoforte e Gennaro Cannavacciuolo, voce recitante. L’atmosfera era splendida: quella di una fresca serata romana, in una delle piazze più belle del mondo (e di Roma) progettata da Michelangelo Buonarroti (1538) su commissione di Paolo III per consentire un ingresso “importante” in Campidoglio: il precedente percorso era costituito dal sentiero tracciato sulla collina dove pascolavano le capre (Monte Caprino), attraverso il quale salì il corteo imperiale di Carlo V (1536) non senza qualche imbarazzo della corte papale.

Per amor di coerenza bisogna riconoscere che la bravura di Cannavacciulo, nell’interpretare assai ironicamente la fiaba, e quella di Maione, nell’eseguire la musica da balletto (Cenerentola di Prokof’ev), mal si amalgamavano sia nei caratteri sia nelle durate. Ma gli artisti erano bravi: il Palazzo Senatorio era splendido, la statua della Minerva (altrimenti detta Dea Roma, di epoca domiziana, I sec. dopo Cristo) immersa nel canto delle acque nel bel mezzo della sua fontana era affascinante ed il cielo era pieno di stelle…

Inseguiremo ancora, in agosto, un altro sogno di mezza estate: la lettura del “libro che amo” durante la manifestazione “Asino chi non legge” giunta alla quinta edizione, ospite, quest’anno, del parco della Villa degli Oleandri Rivafiorita nella città di Porto San Giorgio.

Noi amiamo molto questa festa della letteratura e della poesia ed i molti motivi li abbiamo già elencati in precedenti occasioni: ci piace la sua semplicità ed – anche – il senso di spossatenza che pervade lentamente il corpo con il trascorrere del tempo, mentre l’attenzione fluttua tra le voci recitanti ed i personali ricordi e le fantasie. È un ritrovarsi bambini o adolescenti (se mai non lo fossimo sempre). Piuttosto costituirà un autentico problema la scelta del libro che amo… (pietrodesantis)

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