Il sogno del Maghreb

Il sogno del Maghreb

testo e musiche di Sandro Gindro

Breve itinerario drammaturgico dentro “Il sogno del Maghreb”, proposto e condotto da Francesco Pezzella con Cecilia Allamprese; musiche eseguite ed arrangiate da Andrea Tardioli (clarinetto, sax soprano e percussioni), Guido Giacobini (contrabbasso), Filippo Delogu (chitarra).

Il primo ottobre “i ragazzi” di Psicoanalisi Contro e dell’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali erano soliti festeggiare il compleanno di Sandro Gindro, psicoanalista, musicista ed autore di teatro nonché fondatore delle due (ormai) storiche associazioni.

Dalla scomparsa del loro Maestro, (quasi) tutti gli stessi ragazzi – nella stessa data – desiderano ricordarlo: generalmente propongono un concerto oppure una pièce teatrale o un convegno per presentare, a chi ne sia interessato, qualche aspetto della Sua opera. Così è avvenuto anche ieri sera, a Roma, nel Teatro Argot in via Natale Del Grande 27, con “Il sogno del Maghreb”.

È, questo, il penultimo testo teatrale scritto da Gindro, e rappresenta un ennesimo atto d’amore verso la vita, la cultura e l’arte e quasi un omaggio verso un’Antica Terra.

Tutta la terra è antica: si usa quell’espressione per riconoscere, ad un luogo e ad un popolo, un grande patrimonio culturale, ricco di poesia, miti e magia, ma martoriato fino quasi alla distruzione e forse, perduto.

Quando si parla di Maghreb, dal punto di vista geografico si intende quella zona dell’Africa settentrionale che si estende dalla Tunisia, all’Algeria, al Marocco, al Sahara Occidentale: là dove va a tramontare il sole. Il fascino del deserto, abbagliante ed assetato, si mescola al mistero felice delle oasi, fresche ed omosessuali, immerse in un tempo senza tempo, silenzioso e interrotto, solamente, dal rumore del vento: “Nelle oasi, questo è il nome di quei luoghi ricchi di alberi e d’acqua, nessuno si vergogna di essere nudo, insieme con gli amici, che guardi sorridente mentre ti accarezzano le spalle ed il ventre” (Il sogno del Mghreb, Sandro Gindro).

La cultura antica del Maghreb, che precede quelle islamica e romana, essendo affidata prevalentemente alla parola, usa quest’ultima per definire immagini e colori: “No. Noi non sogniamo parole. Noi sogniamo immagini e colori: il verde, il bianco, la mela…” (op. cit.)

Prima che il deserto le sopraffacesse, nelle campagne verdi e fiorite del Maghreb nacque la vita; così raccontano anche i Jinns, i demoni, gli abitanti  più antichi: “Noi siamo i Jinns. Siamo più antichi dell’antichità. Più antichi del ricordo più antico…” (op. cit.)

Questa terra antica ha assistito alla nascita splendida degli uomini –  “Volle allora creare l’uomo e creò Adamo dalle lunghe ciglia e dai capelli ricciuti. Era bellissimo, tutto nudo.” (op. cit.) – ed alla loro rovina, indotta dall’invidia di Satana che reclamava il desiderio di essere Dio: “Come puoi permettere, o Signore, che noi, che tu hai creato dalla luce, ci inchiniamo di fronte all’uomo che hai tratto dal fango?” (op. cit.)

Satana per invidia avrebbe voluto distruggere gli uomini, ma non poteva nulla contro le creature di Dio: solo loro, gli uomini, avrebbero potuto annientarsi – e così fanno – attraverso l’opera delle proprie mani.

Ha diffuso per questo, il demonio, tra gli uomini, lo stesso male dell’invidia che gli è proprio: a causa di essa i fratelli si uccidono l’un l’altro. Per spiegarlo, il testo gindriano presenta un’antica favola, che narra dell’invenzione dello specchio: “Tu sai che cosa è lo specchio: è un luogo dove si raddoppia quello che c’è; ma nello specchio non c’è nulla di quello che appare, lo specchio capovolge, distorce, inganna, racconta… tutti amano gli specchi perché tutti amano le illusioni e gli inganni.”(op.cit.).

Prima dell’invenzione dello specchio nessuno poteva conoscere bene la propria immagine: ognuno apprezzava, perciò, l’immagine degli altri poiché non la confrontava con la propria.

Una volta contaminati dall’invidia, gli uomini e le donne iniziarono a confrontarsi e a desiderare la rovina del prossimo: attraverso la guerra, l’omicidio, la violenza.

Con parole ispirate da Satana, gli uomini cominciarono a giurare che proprio nella guerra consiste il bene: “Dio lo vuole” oppure “Dio è con noi” oppure “Sia fatta la volontà di Dio”. Solo la psicoanalisi – che è una parte piccolissima della scienza – si oppone a questo: “La mia è una scienza di pace, la mia è una scienza che fa paura, perché non vuole la guerra. Ricordo mio padre, provo pena per lui, ma non sarà vinto, non sarà vinta la speranza. Anche noi dobbiamo capire che la violenza è da una parte sola e sempre bisogna andare dall’altra… bisogna stare dall’altra parte.” (op. cit.)

Il percorso, messo in scena da Francesco Pezzella, prende le mosse nel bisbiglio del vento che pronuncia i nomi degli uomini e delle donne protagonisti delle favole del Maghreb; si snoda nel dialogo tra “il narratore” ed “il ragazzo”, per descrivere quella terra, ed arriva alla favola dell’invenzione dello specchio: una donna, Mawya, diviene invidiosa dell’immagine riflessa nello specchio, regalatole da Satana, poiché ritiene appartenere ad un’altra donna e perde per sempre la propria serenità. Si chiude lo spettacolo nel bisbiglio del vento del deserto che ripete, in ogni luogo, quelle storie.

Ispirata e quasi ieratica era la lettura offerta Pezzella, nell’interpretazione dei ruoli del narratore e dei molti protagonisti della favola; fresca ed aggressiva la lettura proposta dalla giovanissima Cecilia Allamprese nel ruolo del ragazzo.

Lo spettacolo è perennemente pervaso dalle canzoni di Gindro – “La notte sulla spalle” eseguita al clarinetto; “La donnina vestita di rosso” teneramente ben intonata dalla Allamprese; “Avevo una pesca matura” e “Il campo di grano” interpretate da Pezzella con piglio da chansonnier – e dalle improvvisazioni jazzistiche su quei temi e su altri temi arabeggianti proposti dal trio Tardioli, Giacobini, Delogu. Gli interpreti sono stati capaci di proporre un’atmosfera magico-poetica sospesa nel tempo che, crediamo, abbia saputo cogliere le intenzioni proposte da Gindro nel testo integrale, filosofico e complesso, ricco di personaggi: i  Jinns, il Narratore, il Ragazzo, la Voce, Mawya, Satana, Zobéir, la Donna, Freud, l’Ombra, la Vecchia, Moumina, il Diavolo, il Sacerdote, l’Orda, Khalil, l’Uomo.

Gli applausi calorosi erano interminabili.

(pietro de santis)

I commenti sono chiusi