Io, Don Giovanni

Io, Don Giovanni

io-don-giovanni-immaginedi Carlos Saura

Il film è incentrato sulla grande opera mozartiana, sulla sua genesi e, se possibile, sul suo significato inconscio. La storia racconta un po’ confusamente, tra flash back e narrazioni cronologiche, un frammento della vita di Lorenzo Da Ponte dal momento della sua conversione obbligata all’età di 14 anni, essendo nato ebreo con il nome di Emanuele Conegliano, fino alle note della dannazione del Don Giovanni mozartiano – nella probabile rappresentazione di Vienna del 7 maggio 1788 considerata la presenza cinematografica del personaggio Katherina Cavalieri, quale interprete di Donna Elvira –, momento in cui ha raggiunto l’età di 39 anni.
Il giovane Emanuele inizialmente rifiuta il battesimo ma viene convinto dal Vescovo di Ceneda, suo paese natale, che scorge in lui il fuoco della passione poetica e gli promette di condurlo lungo la strada della cultura. Egli accetta il compromesso, si converte e diviene Lorenzo Da Ponte e prete immaginando di indossare quella veste semplicemente come costume teatrale. Conduce una vita di libertinaggio ispirata alle convinzioni illuministe di Giacomo Casanova suo mèntore, ma entra presto in contrasto con il Vescovo Capo del Tribunale dell’Inquisizione di Venezia, cui contende le grazie della nipote-amante, e viene condannato all’esilio per immoralità.
Lo ritroviamo a Vienna dove, casualmente, fa conoscenza con Mozart all’interno di una chiesa in cui il musicista inganna il tempo suonando la Toccata e Fuga in Re min. Bach all’organo: i due si rivelano fratelli massoni con il tipico gesto del ditino nella stretta di mano e, da quel momento poi, il destino li unisce. Raccomandato da una lettera del Casanova, Da Ponte si presenta a Salieri affinché venga introdotto alla corte dell’Imperatore Giuseppe II: il musicista sembra esitare, ma di nuovo il “destino” si impone grazie all’ingresso improvviso di Sua Grazia che prende in simpatia il bel Lorenzo e gli suggerisce di scrivere un libretto d’opera. Il dispettoso Salieri devia l’incombenza musicale verso Mozart: ne scaturisce la splendida opera delle “Nozze di Figaro” (1786), il cui libretto Da Ponte trae dalla commedia di Beaumarchais.
Finalmente il destino si compie: innamorato di una giovane veneziana, rimasta scolpita nel suo ricordo, una improbabile ma bellissima Annetta, e ispirandosi al Don Juan Tenorio di Tirso da Molina (1630) Lorenzo inizia a scrivere il libretto del Don Giovanni a partire dalla figura di donna Anna. Le vicende della vita si mescolano alle intenzioni del libretto: dietro le insistenze dell’amante del momento, la cantante lirica Adriana Ferrarese, egli aggiunge alla storia un secondo personaggio femminile, angoscioso ed angosciante, donna Elvira, di cui sia il protagonista del dramma sia l’autore del libretto hanno intenzione di liberarsi. È arrivata a Vienna anche Annetta che prende lezioni di musica per violoncello da Mozart e combina di incontrare Da Ponte: l’amore tra i due esplode.
Nel frattempo, tra incontri con Casanova, ispirazioni musicali di Wolfi (Mozart), disperazioni di Stanzi (la moglie di Wolfgang) e sfuriate di varie cantanti e amanti, finalmente si arriva alla stretta finale. Il Don Giovanni va in scena: l’opera ha assunto il valore di una terapia catartica per Da Ponte, che si pente del passato e fa promessa di monogamico amore eterno per Annetta. La febbre della ribellione ha, invece, ormai contagiato Mozart, per altro nel film già abbastanza confuso ed affaticato: la pellicola si chiude ricordando la morte di Mozart a Vienna, da lì a poco (la notte tra il 5 e il 6 dicembre 1791), e quella di Da Ponte a New York, da lì a molto (1 agosto 1838).

Abbiamo cercato di comprendere l’occasione del film, tentando di scovarla in qualche ricorrenza o celebrazione, ma senza successo; abbiamo perciò dedotto trattarsi di una “scoperta”.
Incuriosito per qualche motivo dalle memorie di Lorenzo Da Ponte, Carlos Saura ha immaginato che il famoso contenuto transferenziale – da Leopold Mozart al Convitato di Pietra – immaginato nella psiche di Wolfgang dal film Amadeus di Milos Forman (1984), ispirato al lavoro teatrale di Peter Shaffer (1979), a sua volta ispirato all’opera teatrale “Mozart e Salieri” di Puskin (1832) fosse invece attribuibile allo stesso Da Ponte.
Nel film viene rappresentato infatti il sentimento di terrore che assale Da Ponte mentre, nella nebbia invernale di un canale veneziano, incrocia un’imbarcazione che trasporta l’enorme statua di gesso e cartapesta del Commendatore, diretta a teatro per una rappresentazione. Il timore di un oscuro presagio, una maledizione – probabilmente suscitato dai rimorsi per la vita dissoluta – ghermì il poeta che riuscì a liberarsene catarticamente solo attraverso la messa in scena dell’opera Mozartiana.
Immaginiamo che intorno alla sua “intuizione” Saura abbia costruito la sceneggiatura del film. La scelta degli attori rispecchia prevalentemente una ricerca estetica di bellezza e di evocazione: bellissimi Lorenzo Balducci (Lorenzo Da Ponte) e Emilia Verginelli (Annetta), vere statue di pietra; bellissimi Lino Guanciale (Wolfi) e Francesca Inaudi (Stanzi) capaci di qualche espressione in più, ma disegnati come una coppietta romantico-disadattata. Belli sono Tobias Moretti (Giacomo Casanova), Ketevan Kemolidze (Adriana Ferrarese), Sergio Foresti (Leporello), Borja Quiza (Don Giovanni) e Cristina Giannelli (Katharina Cavalieri) e dimostrano anche qualche attenzione interpretativa; bravo Ennio Fantastichini nel ruolo di Salieri e troppo insignificante il personaggio del padre di Annetta interpretato senza infamia e senza lode da Franco Interlenghi.
Le scene, un po’ realistiche ed un po’ di cartapesta, sono ripetitive e risentono degli effetti di un budget limitato o di troppa presunzione, però sono realizzate con gusto e precisione storica sufficienti. La scelta delle musiche, operata da Nicola Tescari, risulta troppo ovvia: ripete ostinatamente poche battute dall’Inverno delle Quattro Stagioni di Vivaldi per commentare le scene invernali a Venezia; propone un improbabile esecuzione della Toccata e Fuga in Re min. di Bach da parte di Mozart organista in chiesa e, con innegabile apprezzamento, riempie tutto il tempo rimanente con le splendide note di varie parti del don Giovanni.
Se i primi venti minuti del film risultano decisamente noiosi, bisogna poi ammettere che a partire dalla comparsa del personaggio Mozartiano, per quanto sgangheratamente disegnato, il tutto diviene più interessante. Carlos Saura gioca, come molti altri hanno fatto prima di lui, sulla costruzione delle composizioni artistiche sia con i testi di Da Ponte sia con le musiche di Wolfgang. Da bravo spagnolo predilige la storia inventata da un suo conterraneo, ma è di indubbia efficacia riconoscere come i versetti abbastanza banali di Da Ponte, quali: “notte e giorno faticar/ per chi nulla sa gradir/ piova e vento sopportar/ mangiar male e mal dormir” si trasfigurino nella meravigliosa e psicologicamente caratterizzata aria di baritono di Leporello: intervalli di quarta discendente, poi di quinta discendente infine di terza maggiore discendente, ogni volta conclusi dai medesimi intervalli ascendenti, sottolineati dalle semicrome degli archi che riempiono tutti i gradi mancanti.
Leggere solamente le parole ed ascoltarle in musica è come attraversare due mondi differenti: provare per credere.

Pietro De Santis

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