Phreak

Phreak

phreakdi Denise Danks
Traduzione di A. Mioni
Euro 13,50
collana Marsilio black

Si tratta di un libro di “crime fiction”. Protagonista è Georgina Powers, una giornalista a caccia di storie metropolitane per la “Technology Week”, rivista del settore informatico.
Georgina Powers è una che si fa: di wiskhey, di droga, di sesso, di informazioni e il tutto a ritmi vertiginosi e vorticosamente.

Le normali attività fisiologiche come dormire, lavarsi, mangiare, andare in bagno, per la protagonista non sembrano necessarie se non in due diverse forme: prendere una doccia rilassante, mangiare un hamburger al ristorante. Tuttavia Georgina è sempre in “tiro”: attenta, concentrata, affascinante nonostante il sudore dei corpi ed il metabolismo, i cui “insulti” si manifestano sulla pelle e sui vestiti – sempre quelli –, e a dispetto della confusione mentale, inevitabile dopo 24 ore consecutive di corse, appostamenti, colluttazioni, fumo, alcol e sesso.

La vicenda racconta di misteriosi omicidi in una guerra tra bande – intenzionate ad accaparrarsi i servigi di un gruppo di phreaker, giovani programmatori di telefoni cellulari, capaci di sfruttare gratuitamente le linee telefoniche – che si conclude “felicemente” con la punizione dei “presunti” cattivi e la libertà dei buoni o presunti tali.
L’aspetto più interessante del libro è l’ambientazione in un mondo realisticamente sporco e abbastanza insulso, buono per una società in cui il consumo di droga e alcol e la scelta della trasgressione siano ormai abituali, come spesso oggi accade come conseguenza del totalitarismo dei consumi.
Ciò che vi traspare è un “meccanismo di produzione” che non può essere più fermato: i suoi prodotti sono indistintamente il bene ed il male, ma vengono partoriti a caso con o senza l’intervento di eroi o delinquenti, in quanto scorie inevitabili di un processo che punta alla distruzione di ogni fonte disponibile di energia.

All’interno di ogni processo di produzione il bene ed il male sono secondari, quindi equivalenti: la polizia non è moralmente più qualificata della criminalità e le leggi sono spesso più incomprensibili delle trasgressioni. In una società in cui le regole non vengono formulate per un intrinseco valore sociale ma per la tutela di privilegi, le differenze si attenuano e non rimane spazio per la poesia: ne occupa il posto lo sballo, che aiuta a dimenticare l’angoscia della quotidianità.
Il panorama descritto spinge a far sì le regole stesse e la legalità vadano condivise in proporzione all’utile personale; in mancanza di quello invece andranno sfuggite o almeno ignorate: voglio sottolineare che quanto ora descritto non si limita a commentare un libro, ma testimonia il tenore delle consuetudini sociali inconsciamente insegnate ai nostri giovani.

Per prevenire l’uso delle droghe e dell’alcol non ha alcun senso moltiplicare regole e sanzioni, neanche adducendo le più specificate motivazioni; le più severe prese di posizione servono solo a tranquillizzare gli idioti, persone che non vogliono rendersi conto della consistenza dei problemi, e non restituiscono nulla di quella poesia, sistematicamente distrutta dal consumismo, che pure è l’unica molla dell’esistenza.

Denise Danks è nata e vive a Londra. Scrittrice, sceneggiatrice e giornalista, è stata inserita da The Times tra i sei migliori scrittori inglesi di crime fiction del 1999. Due volte finalista al CWA Gold Dagger Award, il più importante premio britannico dedicato alla narrativa poliziesca, nel 2002 il suo personaggio Georgina Powers – protagonista finora di sei romanzi – è stato nominato «Best Detective» ai prestigiosi Sherlock

pietro de santis

 

 

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